Due settimane fa, la senatrice Maria Elena Boschi ha tuonato contro un gioco da tavolo. Le sono andati dietro Emanuele Fiano del PD e Lisa Noja di Italia Viva, poi qualcuno ha fatto notare che Squillo è un gioco del 2012 e se ne era già parlato e protestato all’epoca. Non conta, però; è “una violenza sulle donne” che va ritirata subito. Immanuel Casto risponde con garbo, limitandosi a dire che chi non apprezza può evitare di giocarci e domanda quali sarebbero le associazioni che ne chiedono la messa al bando.
Ora, avevo pensato di scrivere su un foglio quante cose sono state eradicate dal mondo grazie alla censura, ma dopo mezz’ora che fissavo il foglio bianco ho pensato che sarebbe stato più utile aprire un libro di Storia. Torniamo indietro assieme a millemiliardi di anni fa, cioè durante il ventennio Berlusconi.
Sono anni in cui escono articoli tipo “Ecco la classifica delle Olgettine”, “Berlusconi’s beauty”, “Sono ben 130. I nomi, le età, le foto, i video, gli audio”, intercettazioni con valore legale nullo ma assolutamente pruriginose, piccanti, hot!, la Bindi che diceva “La vita privata di Berlusconi segna il destino dell’Italia”. Quando il popolo correva davanti al televisore per sapere se Noemi era davvero vergine: “Le versioni di B. Per giustificare gli incontri”.
Erano anni in cui la crisi economica era appena iniziata, i giovani erano a piedi e non trovavano lavoro, e le femministe di Senonoraquando protestavano “contro la ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale offerta da giornali, televisioni, pubblicità”. In questo clima politico e sociale Immanuel Casto crea il singolo Escort 25, in cui fa una domanda che mezza Italia si fa tra le mura di casa: “perché lavorare in un call center, quando potrei fare pompini in Costa Smeralda?”.
Come molti geni, forse nemmeno si rende conto di cos’ha davvero creato. Escort 25 parte come satira della scena politica, ma diventa l’inno della microcomunità che raccoglie token su Cam4, fa porno amatoriale, smarchetta con moderazione e gravita nelle realtà underground di alcuni club – e darkroom – destinate a esplodere nel giro di una decina d’anni.
Il singolo ha un successo strepitoso quanto meritato e tre anni dopo nasce Squillo, altra provocazione che cavalca la morbosità, l’ipocrisia e l’ottusità del paese civile. È un gioco da tavolo, un incrocio tra Magic e lo humor di Cards against humanity; quando il gioco esce avviene una mobilitazione trasversale di PD, PdL, IdV, Lega contro un ca**o di gioco da tavola (nell’articolo segnalo il sublime il passaggio “la senatrice ama giocare a carte e non è proibizionista, MA”). Finisce tutto nel niente, l’Italia ha la memoria storica del pescetto Doris e quasi diec’anni dopo rispunta fuori con le stesse modalità e argomentazioni.
E sono legittime, eh?
Cioè, se lasci questo gioco in giro c’è il rischio una donna le trovi e WHAM, due ore dopo sta a porto Rotondo in una DP tra due gerarchi russi sessantenni. Sei a una festa universitaria d’ingegneria, qualcuno tira fuori ‘sto mazzo di carte e SBRAAANG, il gruppetto di vergini nell’angolo che si scambia citazioni di Big bang theory piomba addosso alle ragazze menando ceffoni: «Troie, dove sono i nostri soldi?».
A quanto pare è tipo la barzelletta Ernst Scribbler.
Sono battaglie importanti ed è giusto portarle avanti con coraggio e fierezza. Vogliamo un paese etico per le nostre figlie che “da 50 sfumature di grigio in avanti è diventato chiaro che alle donne piace prendere ordini”, a cui la sola idea di associare sesso e violenza fa letteralmente rabbrividire. Se invece volessimo fare i controcorrente potremmo dire che una cosa è l’immaginazione, un’altra è la realtà, e sono due cose distanti come il giorno e la notte.
Altrimenti incarceriamo tutti gli scrittori e gli sceneggiatori, cosa che si può fare – ma sospetto non risolverà il nostro profondo, sconfinato vuoto esistenziale.