In un periodo in cui le tasse e i possibili nuovi balzelli dominano il dibattito politico e non solo, ha trovato recentemente spazio anche la cosiddetta “tampon tax“. Vediamo di che si tratta e cosa prevedeva la correlata proposta di riduzione Iva, poi di fatto – in questi giorni – bocciata ed archiviata dal Parlamento.
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Tampon tax: di che si tratta e le ragioni della bocciatura della riduzione Iva
Come accennato, non è passato l’emendamento al decreto legge fiscale, che aveva come prima firmataria Laura Boldrini – seguita da altri 32 deputati. Tale emendamento prevedeva la riduzione al 10% dell’Iva sugli assorbenti ed altri prodotti intimi femminili (come ad esempio i tamponi interni, gli assorbenti igienici esterni, le spugne mestruali). Gli organi parlamentari hanno infatti respinto la modifica, ritenendola “inammissibile”, evidentemente per ragioni legate ai costi e coperture.
Se tale norma fosse passata, avrebbe esteso l’Iva agevolata a questi particolari prodotti: il nome “tampon tax” era stato ideato dalla stessa Boldrini, che aveva cercato di pubblicizzare l’iniziativa anche sul web. Pertanto, l’aliquota Iva per i prodotti citati resta invariata, ovvero quella ordinaria pari al 22%.
C’era già stato un precedente tentativo
In verità, non è la prima volta che una commissione parlamentare respinge la proposta di tampon tax. Già era successo durante il governo giallo-verde. Ma anche in quell’occasione la misura fu bocciata, dalla Commissione Bilancio, sempre con la motivazione dell’assenza di coperture economiche per fronteggiarla. Insomma, la linea politica sfavorevole all’abbassamento di questa tassa per un genere di prodotti usato comunemente dalle donne, continua. E ciò nonostante, nei giorni scorsi, con una petizione siano state raccolte più di 225 mila firme.
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