Tfr e tredicesima spalmate ogni mese in busta paga: quest’ultima diventa più pesante e si ha l’impressione di ricevere di più, ma alla fine si andrà per forza di cose a perdere qualcosa. E i datori di lavoro ci andranno a guadagnare. Certamente questo è un trucco dei datori di lavoro per risparmiare qualcosa, e i lavoratori potrebbero giovarne solo nel caso non vi sia un rapporto di piena fiducia con gli stessi.
Busta paga: tredicesima spalmata, i rischi
La questione è stata trattata in un servizio a cura di Laura Gobbetti andato in onda nell’ultima puntata di DiMartedì. Come riferimento c’è una lavoratrice part-time che opera nel settore dell’organizzazione delle fiere e degli stand per gli eventi. Il contratto prevede che la tredicesima sia spalmata lungo tutto l’anno, ogni mese insomma, invece che in una soluzione unica nel mese di dicembre. Inizialmente si pensa che ogni mese si andrà a guadagnare di più, ed è vero, ma sono somme che non vengono messe da parte, e a dicembre non c’è un salvadanaio supplementare dal quale attingere. La stessa cosa può avvenire con il Tfr, ma la spalmatura del Tfr risulta decisamente meno conveniente rispetto alla liquidazione che si andrebbe a ricevere una volta terminato il rapporto di lavoro.
Con tredicesima e tfr spalmato, la lavoratrice presa ad esempio prende 146 euro in più al mese. Una somma che generalmente viene spesa e non risparmiata, tant’è che negli ultimi mesi dell’anno si comincia a pensare che forse sarebbe stato più conveniente attendere il mese di dicembre per avere quello che a tutti gli effetti risulta essere un doppio stipendio.
Gli svantaggi del Tfr in busta paga
Quando il governo Renzi permise il versamento del Tfr in busta paga (bisognava però aver prestato almeno 6 mesi di servizio, il regime sperimentale durò fino al 30 giugno 2019) furono diverse le opinioni in merito, parlando di convenienza e svantaggi. La situazione appariva più o meno stabile se si andava a guadagnare fino a 15.000 euro, ma le cose cambiavano per chi guadagnava di più, in quanto il trattamento di fine rapporto è soggetto a una tassazione separata dipendente dall’aliquota Irpef con la quale è stato tassato lo stipendio del lavoratore negli ultimi 5 anni. Più alto è lo stipendio, più alta sarà la tassazione dunque e quindi minore sarà il Tfr. E così chi andava a guadagnare 20 mila euro rischiava di perdere una cinquantina di euro, mentre chi si avvicinava ai 100 mila euro annui sarebbe andato a perdere circa 600 euro.
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