Per chi non lo conoscesse, la pagina Il milanese imbruttito è un format che ha riscosso un enorme successo in rete, e oggi fattura bei soldi. È nato facendo interviste “imbruttite”, cioè andando a convention, eventi o tra la gente durante le festività e facendo domande di cultura generale, a volte – ma non sempre – relative all’evento in questione. La telecamera è un magnete allucinante; come mi confermò tempo fa un autore televisivo, mettine una davanti a qualcuno e diventerà un imbecille disposto a tutto pur di starci davanti.
A questo va aggiunta una scelta furba della redazione, ovvero editare i filmati scartando persone che danno risposte corrette o sensate in favore di scimmie analfabete. Il risultato è un’antologia di naziputtihandicappati che gorgogliano di pheeeega, risatine, parolacce, insulti e non hanno idea di quand’è stata scoperta l’America o è iniziata la Grande guerra.
È hatebaiting, sì, e di gran classe
Le interviste imbruttite sono un piacere in tre parti; la prima è il freak show, la seconda è l’autocompiacimento nel sapere le risposte che loro non sanno e la terza è la gogna finale, quando vai nei commenti a insultare i mostri rappresentati, denigrare il popolo italiano e masturbarti nell’esterofilia più bieca. Nel complesso è una cosa innocua perché non fa del male a nessuno; non arrivano i capipopolo a fare nomi e cognomi in modo da rovinar la vita dei protagonisti, chi viene ritratto si fa due risate con gli amici, chi guarda si sente più intelligente e speciale.
Ma c’è una conseguenza di cui ho già parlato riguardo alle notizie sugli immigrati, ed è la percezione di realtà che si porta dietro questa roba. Chiunque guardi le interviste imbruttite, dai e dai si convince di essere circondato da idioti ignoranti, mitomani e arrapati perché vengono rappresentati come dieci casi su dieci, anche quando magari sono uno su cinquanta.
Questo contribuisce a plasmare il nostro approccio verso gli altri
Di recente si fa un gran parlare degli italiani cattivi, crudeli, sadici e di come i social ne siano responsabili. È vero fino a un certo punto. In realtà la cattiveria e il sadismo che leggiamo o vediamo potrebbero essere la conseguenza del senso d’isolamento che ci provocano visioni distorte come quelle del Milanese imbruttito. Una volta che ti convinci di essere circondato da bestie analfabete che manco sanno cosa si festeggia il 25 aprile allora la tua empatia nei loro confronti crolla e la shadenfreude s’impenna.
Perché il punto finisce sempre lì: noi come italiani non siamo mai cambiati. Siamo gli stessi di Viva Menelik!, ma anche gli stessi dei Boat people. Quello che è cambiato è il regista, e il pubblico ci si è adattato. L’essere umano impara dagli esempi, e se noi scegliessimo d’illuminare le vette e tenere in penombra gli abissi, avremmo la tendenza a salire invece che a scendere.
Non sto parlando di censura, ma di regia
All’inaugurazione dell’anno accademico della Bocconi di Milano, il Presidente Mattarella – in un tre pezzi da perdere le bave – ha detto che la formazione “deve suscitare spirito critico e senso di responsabilità” che sono “i veri antidoti a odio e pregiudizio”. È vangelo, naturalmente, anche se la mia impressione è che buona parte dell’odio e dei pregiudizi che vediamo oggi, oltre che dalla formazione, vengano dall’infotainment scambiato per informazione che ci racconta evidenziando il nostro peggio.
La storia che “vende” è una bagigiata, perché se c’è una cosa di cui gli italiani hanno voglia è proprio del contrario. Hanno voglia di vedersi migliori, di migliorarsi, cercano di continuo storie e motivi per volersi bene e quando le trovano le celebrano con un orgoglio raro. Noi siamo meglio di come ci raccontano le Interviste imbruttite, serve solo qualcuno che abbia il coraggio di investirci.