Qualche settimana fa l’opinione pubblica mondiale, specialmente quella ebraica, si era indignata perché degli oggetti appartenenti al fuhrer erano stati messi all’asta da Hermann Historica, a Monaco. Si trattava del cilindro di Hitler, la sua macchina da scrivere, la scatola dei sigari, il Mein Kampf stampato nel 1939 appartenuto a Goebbels e vari carteggi.
La preoccupazione principale era che finissero nelle mani di fanatici collezionisti – della seconda guerra mondiale ce ne sono milioni – e che contribuissero ad alimentare il mito di Hitler, che poi è stata una delle peggiori operazioni di marketing della Storia: il male ha sempre i suoi ammiratori, mentre gli idioti e gli sfigati no. Comunque, è fatta. In giro per il mondo è pieno di coglioni che auspicano il ritorno di qualcosa che non hanno mai visto se non nei film e di cui credono di capire qualcosa.
Gli oggetti vengono venduti per 600,000 dollari
È una somma notevole per una persona normale, che per guadagnarla impiega metà vita e non li spende certo in oggettistica o memorabilia storica. Chi sia l’acquirente è un mistero e le ipotesi si sprecano, finché salta fuori che si tratta di tale Abdallah Chatila. Chi?, dice il popolo di Internet, e alcuni arrivano addirittura a googlarlo. Chatila è un miliardario e uno dei 100 uomini più ricchi della Svizzera, ovvero uno di quelli di cui la plebe non ha mai sentito parlare.
Quelli come lui, o Salini, o Ferrero, o i nomi della lista di Forbes non hanno account Instagram, non sboroneggiano coi followers, non twittano; pubblicamente fanno di tutto per non esistere. Fanno parte del jet set internazionale e vivono a livelli che uno come Vacchi, Briatore o Elkann neanche immaginano. Per quelli come Chatila la discrezione è una virtù, oltre che un obbligo.
In questo caso, però, è saltato fuori
E Chatila quando gli hanno chiesto cosa se ne farà di quegli oggetti ha stretto le spalle e detto che prima li voleva comprare per distruggerli. Io non ho idea di cosa sia gettare nel caminetto pezzi di Storia e 600,000 dollari, mi è inconcepibile, ma per Chatila evidentemente non era un problema. Poi migliora: dopo averci pensato bene, decide di farli spedire direttamente in Israele all’organizzazione Keren Hayesod-United Israel Appeal Group.
Lui, quella roba, “non la vuole nemmeno vedere”.
Spendi 600,000 dollari per qualcosa che nemmeno vedrai mai.
Il responsabile dell’organizzazione, contattato dai giornalisti, ha detto non hanno ancora deciso il da farsi; probabilmente finiranno nel memoriale dello Yad Vashem. Quando interpellano Chatila domandandogli perché, dato che non è nemmeno ebreo, lui risponde «Il populismo di estrema destra e l’anti semitismo si stanno diffondendo in Europa e in tutto il mondo. Non volevo questi oggetti finissero nelle mani sbagliate e venissero usati da gente con cattive intenzioni».
Questa roba dovrebbe essere sulle prime pagine di tutti i giornali
Perché non è solo un esempio, è un insegnamento di comunicazione. Chatila parla coi fatti. Con un solo, singolo gesto ha concluso più di milioni di idioti che passano le giornate a proclamarsi “antifascisti” in Internet perché vanno in cerca di qualcuno a cui dare del fascista, con subitaneo screenshot e condivisione. Ha fatto più di libri, di editoriali, di inchieste, di manifestazioni di piazza. Parlare e diffondere questa storia è il modo vincente di combattere, per noi media, questo periodo storico che dopo gli anni di piombo e gli anni di fango, gli storici chiameranno gli anni dell’odio.
Niente e nessuno parla forte come un esempio.
Quand’ero adolescente stavo in gruppo sul marciapiede a fumare sigarette con la compagnia, passarono due vecchietti in bicicletta e la donna cadde. Scoppiammo a ridere, ma durò meno di due secondi perché dall’altra parte del marciapiede una coppia di ventenni accorse per aiutarli. Ci sentimmo delle persone disgustose; volevamo sembrare dei duri, ma ci rendemmo conto di essere passati per stronzi e meschini. Ecco, Chatila è l’equivalente dei ventenni.
Abbiamo un enorme bisogno di storie così.
Soprattutto, che ci vengano puntati i riflettori sopra.