L’ultimo mese dell’anno è dedicato prevalentemente ai preparativi di Natale e di Capodanno, ma in materia di contabilità c’è un altro appuntamento da non perdere e che può essere croce e delizia per i dipendenti: il conguaglio di fine anno in busta paga. Il conguaglio serve per capire le tasse che il lavoratore deve pagare per l’anno corrente e può essere a credito (positivo, perché significa che il lavoratore ha pagato di più e quindi ottiene un rimborso) oppure a debito (negativo, perché il dipendente subisce una trattenuta in busta paga relativa alla somma supplementare di imposte che deve pagare di più). In caso di conguaglio a debito, l’entità dello stesso può essere tale da ridurre sensibilmente lo stipendio nella busta paga di dicembre.
Busta paga: conguaglio di fine anno, come funziona
Il conguaglio Irpef è costituito da una serie di calcoli effettuati da parte del datore di lavoro o chi per lui (lo studio che si occupa dell’elaborazione delle buste paghe) per stabilire in via definitiva l’importo delle tasse tenute dal dipendente per l’anno solare di riferimento in cui ha percepito i compensi, pertanto in questo caso dal 1° gennaio al 31 dicembre 2019. Ciò avviene perché all’inizio dell’anno il datore di lavoro ipotizza lo stipendio che il dipendente percepire lungo l’anno complessivamente, calcolando così le tasse da trattenere in busta paga ogni mese dallo stipendio. Quanto detto equivale a un concetto lapalissiano per comprendere meglio la definizione di conguaglio: ogni mese il dipendente paga le tasse, ma questo avviene in modo parziale e sulla presunzione elaborata con la busta paga di gennaio. A dicembre si fanno i conti finali e si vede se il dipendente ha pagato più o meno tasse e quindi se deve ottenere un rimborso o subire una trattenuta.
Conguaglio fine 2019: quali calcoli bisogna fare
Ogni mese, dunque, il dipendente ha pagato l’Irpef in anticipo, per importi che possono risultare variabile. Sommando le ritenute, comprendendo anche le eventuali mensilità aggiuntive, si va dunque a scoprire la cifra relative alle imposte che abbiamo già pagato nell’anno di riferimento. A fine anno, al momento del conguaglio, va infine calcolata l’Irpef lorda sulla retribuzione complessiva percepita, prendendo come riferimento la retribuzione imponibile Irpef annua, sommando tutte le mensilità e applicando le aliquote che, come è noto, variano in base allo scaglione reddituale.
- 23%: fino a 15.000 euro;
- 27%: da 15.001 a 28.000 euro;
- 38%: da 28.001 a 55.000 euro;
- 41%: da 55.001 a 75.000 euro;
- 43%: oltre 75.000 euro.
Mettiamo che la retribuzione imponibile annua lorda ammonti a 25.000 euro. Si dovrà fare prima la seguente moltiplicazione: 15.000 x 23%: 3.450 euro. Quindi, sulla parte restante, andrà applicata la seconda aliquota, quella del 27%. Pertanto 10.000 x 27%: 2.700 euro. Sommando i due risultati viene fuori l’imposta lorda dovuta per l’anno di riferimento (2.700+3.450: 6.150 euro).
Non finisce qui, perché dal risultato soprastante, ovvero l’Irpef lorda, andranno sottratte le detrazioni d’imposta (lavoro dipendente, familiari, etc.) che opereranno pertanto per una riduzione delle tasse. Il risultato porterà all’imposta netta. Una volta ottenuto anche questo risultato si potrà fare l’operazione finale, ovvero confrontare l’Irpef versata e trattenuta in busta paga durante l’anno e l’Irpef effettivamente dovuta. Da questa sottrazione si ricaverà il responso finale del conguaglio, se è a debito o a credito.
Si ricorda infine che il reddito complessivo che si definisce in sede di conguaglio è lo stesso su cui si applicano le addizionali regionali e comunali. Per ogni altra informazione vi rimandiamo alla circolare Inps n. 123/2018, che illustra chiaramente quanto occorre sapere sul tema.
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