Finalmente arriva nelle sale A Rainy Day in New York, ultima fatica di Woody Allen. Il film è diretto e sceneggiato dal regista statunitense ed interpretato da Timothèe Chalamet, Elle Fanning, Selena Gomez, Jude Law e Liev Schreiber.
Parlare di fatica è quanto mai appropriato nel caso di A Rainy Day in New York. Allen ha avuto, infatti, un pessimo tempismo, avviando la produzione del film contemporaneamente all’esplosione del movimento Me Too, che inevitabilmente – vista la spasmodica ricerca del sensazionalismo – ha coinvolto anche vicende archiviate collegate al regista statunitense, che hanno portato Amazon a dileguarsi.
Woody Allen – il ritrovato romanticismo dell’autore.
Sembra che il concetto di romanticismo di Allen giri attorno agli stessi elementi, ossia attorno a quegli individui che si perdono, trovano e ritrovano nel tumulto di una metropoli piovosa, ancor meglio se con in sottofondo della musica jazz. Tanto più è grande il senso di vuoto e la confusione, quanto più è lungo il vagare tra i palazzi, nelle vie e nei parchi, abbracciando una Nouvelle Vague ormai pregnante nel cinema alleniano.
È da anni ormai che l’autore di Annie Hall sembra aver cambiato rotta. Che sia come dicono alcuni per la stanchezza, o semplicemente – e più probabilmente – per un diverso sentimentalismo e ottimismo, Allen ha scelto di dedicarsi sempre di più a quel romanticismo già presente nella sua filmografia, ma non più contrapposto a quel mix di esistenzialismo e cinismo che tanto ha caratterizzato il regista statunitense.
A Rainy Day in New York – Trama
Gatsby Welles è uno studente newyorkese che, vinta un’importante somma, decide di portare la sua ragazza Ashleigh nella sua città natale per permetterle di intervistare un celebre regista e godersi insieme la città nel weekend. La città, però, prende il sopravvento: la matassa di relazioni interpersonali tanto cara a Woody Allen verrà nuovamente tessuta e poi sciolta sotto la piovosa metropoli statunitense. Romanticismo, nostalgia, arte e spensieratezza, impersonata dal personaggio di Shannon, ecco – ancora una volta – cosa racconta il regista in A Rainy Day in New York.
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A Rainy Day in New York – i giovani protagonisti
I protagonisti della storia sono dei ragazzi, appena giunti al primo ventennio, e anche questo – forse – è un altro indizio del cambiamento del regista. È nelle recenti pellicole di Allen che si è vista un’attenzione al casting sempre più orientata a personaggi giovani con ruoli sempre più centrali, persi anch’essi in quell’esistenzialismo e in quella disperazione tanto cara al regista nei primi film, ma qui in grado di passarvi sopra, di trovarvi una soluzione, una scappatoia, insieme a una verità dietro ai propri pensieri. Che sia con un nuovo amore dopo la fine di uno che si credeva forte e indistruttibile, che un paio di giorni sotto la pioggia sono bastati a far sciogliere, o che sia un’idea o il sentimento di oppressione e di estraniamento dalla famiglia, affrontato in un intimo dialogo tra Gatsby e la madre.
Proprio la questione dialoghi è una delle più delicate, poiché orfani del cinismo e del sarcasmo di cui erano stati pregnanti fino a poche pellicole fa – si pensi a Whatever Works – e di cui in questo film si ritrovano totalmente spogli. Da un certo punto di vista è avvenuto forse un fenomeno simile a quello capitato con Once Upon a Time in Holliwood di Tarantino: una delle caratteristiche principali del cinema del regista (per Tarantino la violenza splatter) è venuta meno, lasciando comunque spazio ad altro. Va da sé che sia nell’uno che nell’altro caso, il pubblico più vicino al regista ne sia rimasto un attimo basito.
Ciò che servirebbe, infatti, è una seconda visione.
Una seconda visione perché quell’ora e mezza sembra insufficiente: il film potrebbe durare ancora altri trenta minuti senza annoiare o disturbare lo spettatore, grazie alla totale immersione nell’atmosfera newyorkese creata da Allen. Il regista riesce a fornire un senso di estraniamento simile a quello di Midnight in Paris, seppur diverso, sia per la mancanza di della magia ineguagliabile del capoluogo francese, sia per la topografia decisamente diversa della città americana, più metropoli di Parigi.
Il risultato è un film delicato, che sembra “meno” degli altri, ma che ha solo bisogno di tempo per essere metabolizzato e apprezzato, apprezzando anche questo lato di un regista che ha dato molto alla cinematografia globale.
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