The Wall dei Pink Floyd compie 40 anni: perché ha fatto la storia del rock
A 40 anni dal debutto di The Wall, l’album mantiene intatte le sue caratteristiche rivoluzionarie e di critica alle ingiustizie sociali.
Il 30 Novembre The Wall, celeberrimo album dei Pink Floyd, ha compiuto 40 anni. Questo capolavoro nacque da uno stato di necessità: quello di rimediare alla dissestate finanze del gruppo. Fu soprattutto questo che spinse gli altri membri a dare l’OK alla proposta di Roger Waters, vocalist e bassista, nonché leader dei Pink Floyd. The Wall, a distanza di 40 anni, resta l’apice della band, ma, paradossalmente, segnò anche l’inizio di contrapposizioni interne insanabili, che portarono Waters a dare l’addio alla band nel 1985.
Come nacque The Wall
Fu un episodio accaduto un paio d’anni prima a Roger Waters a dargli l’idea di partenza per il concept di The Wall: durante un concerto alcuni individui in prima fila lo provocarono al punto di farlo sputare nella loro direzione. Il musicista sentì allora l’esigenza di erigere un “muro” tra sé e i fan. Questa sensazione fu all’origine di animati dibattiti che sorsero all’interno dei Pink Floyd e che, elaborati, fornirono le basi dell’undicesimo album della rock band britannica, che uscì come disco doppio contenente 26 tracce. Prodotto da Bob Ezrin, The Wall è una creazione in pratica del solo Waters, con limitati apporti di David Gilmour e dello stesso produttore, che diede vita a uno degli album più iconici della storia.
Pink: una rockstar in crisi
Protagonista di The Wall è Pink, un musicista affermato, una rockstar che, nonostante il successo, vive in una situazione di disagio che affonda le radici nella sua infanzia: alla perdita del padre durante il secondo confitto mondiale, si aggiunge il temperamento troppo soffocante della madre. A scuola, Pink deve fare i conti con un sistema antiquato e un insensato autoritarismo dei docenti. Anche la situazione attuale di Pink non è migliore: deve affrontare l’infedeltà della moglie, la propria dipendenza dagli stupefacenti e il rapporto con i discografici, che puntano solo a usarlo per trarne vantaggio. Tutto questo lo porta a isolarsi dietro un “muro” mentale (The Wall) che ha la funzione di tenerlo separato e al riparo dal mondo esterno. Solo compiendo un lungo processo di analisi interiore, che Waters concepisce come un vero e proprio dibattimento giudiziario, Pink riuscirà ad abbattere le barriere che lo separano dagli altri.
Le esibizioni dal vivo: un evento storico
I concerti di supporto a The Wall furono un evento storico. La stessa band non si esibì più dal vivo, né partì in tour. Solo dopo il 1985, in seguito all’uscita di Waters, il gruppo tornò sul palco. La fase iniziale di ogni show vedeva la presenza di quattro figuranti che esibivano maschere con le sembianze dei Pink Floyd. All’arrivo dei veri musicisti, al pubblico venivano mostrati alcuni cartoni animati, opera di Gerald Scarfe, che ebbero una grandissima efficacia emotiva sugli astanti: ancora oggi, mantengono intatta la loro incisività. Non poteva mancare il muro, simbolo di The Wall, che, fabbricato in polistirolo, veniva frapposto tra la band e il pubblico. Il solo Waters faceva la sua apparizione in camice bianco durante Comfortably Numb, seguito da David Gilmour, fino a quando il muro veniva tirato giù, dando il via alla fase finale del concerto.
L’importanza di The Wall 40 anni dopo.
Sono passati 40 anni dal debutto, il 30 Novembre 1979, di The Wall, eppure il disco non ha perso nulla della sua carica evocativa e dell’attualità del suo messaggio. Al debutto, il disco rappresentò una dirompente critica alla società dell’epoca, sottolineando come metodi di insegnamento antiquati abbiano come conseguenza l’alienazione futura degli individui. Questo è ben spiegato nella canzone-simbolo del disco, Another Brick In The Wall, in cui non solo si dà un giudizio sferzante del sistema scolastico britannico, ma se ne espande l’analisi critica fino a diventare un atto d’accusa delle condizioni in cui si trovava la classe operaia inchiodata a compiere gesti ripetitivi. Il disco rimprovera anche il mondo della musica di non avere fino a quel momento trovato il coraggio di puntare i riflettori sulle ingiustizie che laceravano all’epoca – e ancor oggi lacerano – il tessuto sociale.
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L’inizio della fine
The Wall ebbe un enorme successo commerciale che si protrae fino ad oggi, tanto è vero che il magazine Rolling Stone l’ha inserita all’87° posto tra i migliori 500 dischi. Il doppio album ispirò anche un film, Pink Floyd The Wall, affidato al regista Alan Parker, con la collaborazione di Gerald Scarfe, autore delle animazioni in sede live. Il protagonista è Bob Geldof, allora con i Boomtown Rats. Alcune sequenze del film sono di estremo impatto, ad esempio le scene dei bambini scaraventati in un tritacarne o quelle belliche che accompagnavano Goodbye Blue Sky. Ma, nonostante il successo e la spettacolarità dei live shows, con The Wall si acuirono i contrasti interni alla band. Il primo a farne le spese fu Richard Wright, licenziato da Waters e declassato a turnista a causa dei suoi ritardi e della sua dipendenza dalla cocaina. Tornerà come membro effettivo solo nel 1988. Nel 1985 Roger Waters descrisse i Pink Floyd come “Uno spreco di energie” e si tirò fuori dalla band, della quale aveva assunto un controllo assoluto: una situazione sgradita agli altri membri, David Gilmour e Nick Mason. Il batterista Nick Mason dirà: “Eravamo consapevoli che prima o poi Roger ci avrebbe comunicato che sarebbe andato via. Sia io che David Gilmour ci aspettavamo quel momento già da tempo e sapevamo che saremmo comunque andati avanti…”. I Pink Floyd vivranno infatti fino al 1995, con due reunion: nel 2008 con lo stesso Waters per Live 8 e nel 2013 per The Endless River.
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