Il V day del 2007 è stata la scena più spaventosa nella politica italiana. C’era qualcosa di sinistro fin dall’inizio, e non so nemmeno come mai me ne accorsi. Quel recitare ossessivo di nomi dal palco per esporli al biasimo della folla, come fossero dannati o scomunicati, pareva uscito dai libri di Storia del medioevo. Quando apparve Travaglio e Grillo gridò che lo voleva “ministro della giustizia” era buio, e dall’oceano di folla arrivavano fischi, insulti e urla a ogni nome destinato alla galera o all’inferno, uno dopo l’altro.
Era un’orgia giustizialista delirante, malata, alternata a ribadire quanti siamo, siamo dovunque, prenderemo il potere per “prenderli a calci nel culo”. La critica all’indulto, alla giustizia troppo morbida, perché un condannato non ha diritto di redenzione, mai, va “buttata via la chiave”.
Faceva schifo, e un po’ paura.
Tanto che persino Travy, poi, lo stigmatizzerà. Oggi a riguardarlo è facile vedere il meccanismo; siamo meno ingenui, più abituati alla retorica aggressiva e ai suoi limiti. In questi 12 anni le persone comuni hanno scoperto parole come diffamazione, cyberbullismo, hating, revengeporn, #Odiareticosta e non sono più tempi in cui puoi metterti a fare liste di proscrizione da un palco senza che a molti opinion leader si alzi il sopracciglio. Ma allora era grande entusiasmo, soprattutto nei giornali e nei salotti borghesi dove gli intellettuali, si sa, sono quasi sempre dalla parte di chi mena.
Così mi ero deciso ad andare a vedere chi, cosa e come.
Avevo fatto una ricerca su Grillo, sul suo passato, su chi fosse quel misterioso Roberto Casaleggio che al tempo gestiva anche il sito e la comunicazione di un altro personaggio strano: Antonio Di Pietro, protagonista dell’altrettanto strana rivoluzione chiamata Tangentopoli. Ero ingenuo, meno bravo a leggere e a valutare fonti e informazioni; scrivevo su un blog con tette nell’header e non potevo farci granché né parlarne con qualcuno del settore.
Così feci la sola cosa che sapevo fare: mi misi a deriderli in un’epoca in cui i miei coetanei li vedevano come salvezza; c’erano canzoni su di loro, inni, freestyle, magliette, spille. Molti mi scrissero che ero uno stronzo disfattista o che li avevo delusi e non avrebbero più letto il blog, perché Grillo era una ventata d’aria pura, i meetup non potevo giudicarli se non ne facevo parte, eccetera. Quando i primi colleghi scoprirono dell’esistenza di Roberto Casaleggio ricevettero lo stesso trattamento, ma dai e dai il nome venne alla ribalta e Casaleggio fu costretto ad apparire in pubblico, anche se malvolentieri.
Lì cominciarono i problemi
Casaleggio aveva la tipica pettinatura del guru, e anche la sua dialettica. Faceva profezie, sognava una guerra atomica globale, la nascita di una società distopica chiamata Gaia, un misto tra 1984 e Ron Hubbard. Saltò fuori quello strano progetto in Costa Rica, l’Ecofeudo in mano a personaggi discutibili tipo la cognata o l’ex autista, che faceva un po’ Dharma initiative (oggi del progetto non si sa più nulla). I primi dubbi falcidiarono l’entusiasmo fanatico che li circondava e tra uno scivolone e l’altro il M5S arrivò comunque ad avere percentuali notevoli.
Qualche tempo fa L’Espresso ha ricostruito, basandosi su L’esperimento di Jacoboni, quella che è stata la fusione tra Grillo e la Casaleggio associati. Oggi, grazie a Linkiesta, salta fuori la bomba atomica. Secondo Marco Canestrari, ex braccio destro di Casaleggio, nel 2013 tramite un’app l’azienda ha di base inserito nel cellulare degli iscritti qualcosa che non solo profilava loro, ma anche i loro contatti inconsapevoli, così da poter accumulare dati sensibili per poi venderli e/o usarli per dei test, che potrebbero essere stati utilizzati come prova per una cosa ben più grossa:
Cambridge analytica
Le implicazioni sono gigantesche, come le sue ramificazioni. Una cosa del genere può tirare in ballo di tutto ed è potenzialmente connessa a così tanti apparati da far girare la testa o, in alcuni casi, da far strizzare il culo a quella risicatissima percentuale globale che ne capisce le reali implicazioni; quindi non cambierà di un punto le percentuali di voto nei sondaggi, perché quando si parla di dati personali e profilazione, la stragrande maggioranza non capisce il problema, fa spallucce e dice che “tanto non hanno niente da nascondere”.
Ma adesso sappiamo che Grillo, Casaleggio e la sua azienda sono sempre stati scorretti e in malafede. E che non bisogna fidarsi di certe pettinature.