Nel 2010, in Pakistan, l’intelligence inglese sta cercando Akhtar Mohammad Mansour, il secondo in comando di Al Qaeda e un gradino sotto il mullah Omar. Nessuno lo ha mai visto, vive nascosto tra i monti dove droni e satelliti non possono nulla. Un giorno, una non meglio precisata fonte avverte di avere trovato un possibile contatto: in cambio di una lauta ricompensa promette di aprire un canale di comunicazione, ma prima vuole sapere cosa vogliono da lui. Gli inglesi lo rassicurano: sono interessati a trattare la pace coi Talebani organizzando colloqui di pace con Karzai, il capo di Stato che hanno messo loro e che oltre a non fare nulla, non è nemmeno riconosciuto da nessuno. Se accetterà di partecipare a dei colloqui, Mansour riceverà cinque milioni di dollari.
Dopo una settimana qualcuno si presenta agli americani qualificandosi come vice di Al Qaeda. Finalmente lo vedono di persona; gli fanno delle foto e le mostrano agli americani che lo chiedono ai prigionieri a Guantanamo che dovrebbero conoscerlo. Loro urlano SISISISISISI È LUI. Esaltatissimi, gli inglesi lo ospitano e coccolano trasportandolo da Karzai per trattare la pace. Dopo tre incontri, il tizio fugge coi soldi.
Era un commesso di un bazar di Qetta, poi datosi alla macchia.
Il New York Times racconta questa perla mentre l’opinione pubblica mondiale la snobba, perché la guerra in Afghanistan sta diventando noiosa. E poi c’è Obama, che certamente la concluderà. È una tra le mille e mille vette che sono state toccate lì, ma al confronto di quanto è emerso oggi, sono collinette. Ieri il Washington post ha pubblicato un’inchiesta durata tre anni, aspramente combattuta nelle aule dei tribunali, che racconta fatti inediti e incredibili che percorrono tre amministrazioni: Bush, Obama e Trump. Purtroppo è gigantesca; oltre 2000 pagine di documenti desecretati scritti in burocratese fitto che i giornalisti del WP hanno decifrato, dopo averli contesi in tribunale.
La storia dell’interprete del generale in Afghanistan, per esempio.
Ricordate noi coi Boat people, quando la prima cosa a cui pensammo fu trovare qualcuno capace di parlare il vietnamita? Ecco, gli americani arrivarono in Afghanistan senza pensarci. Sprovvisti di interpreti, vagarono per le città come Marcus Brodi dicendo “qualcuno parla la mia lingua?” finché si imbatterono in un ragazzino di 22 anni che biascicava l’inglese. Si affidarono a lui e lo trasformarono anche in galoppino, così quando avevano bisogno di qualcosa la chiedevano a lui. Lui andava dai commercianti del posto che vendevano X per 2 dollari, ma sparavano 200. L’interprete si presentava dagli americani dicendo che ne costava 20,000. Loro pagavano senza battere ciglio, perché trattare “non è nella loro cultura”.
Ora quel ragazzo ha due banche, un’impresa che noleggia SUV neri sempre lucidi – in Afghanistan indovinate chi li usa – ed è tra gli uomini più ricchi del paese.
Poi ci sono i milioni di dollari in carburante avio per permettere alle truppe di mangiare i prelibati hamburger di Burger king. L’alcool fuori controllo. Soldati che chiedono a ufficiali che chiedono ai superiori che chiedono a Washington “what are we supposed to do?” e nessuno sa rispondere. In Italia la notizia viene a malapena rilanciata; vuoi perché non ci riguarda, vuoi perché cheppalle, vuoi perché sfregia – anche – il culto di Obama, vuoi perché non permette di parlare del presunto fascista quotidiano.
E poi diciamoci la verità: chi c’ha voglia di leggere e riassumere un’inchiesta storica a puntate sull’Afghanistan, quando Salvini ha un account Twitter? Non voglio essere tacciato di benaltrismo e so bene quanto sia di capitale importanza per i giornali dedicare articoli ed editoriali alle nocciole della Nutella mentre la desecretazione di 2000 pagine concernenti una guerra d’occupazione da parte della principale potenza militare mondiale merita dieci righe. Tuttavia il rapporto contiene idiozie talmente inaudite, talmente monumentali, che ho deciso di riassumerle per sommi capi a puntate.
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