Salvatore Quasimodo: a sessant’anni dal Nobel
Ripercorriamo la vita e le opere di Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la letteratura: “si vede che la poesia ama le terre che galleggiano sul mare”.
Salvatore Quasimodo: a sessant’anni dal Nobel
È l’11 dicembre del 1959 quando l’Accademia di Svezia conferisce il premio Nobel per la Letteratura a Salvatore Quasimodo. Siamo a sessant’anni da quel giorno – e a poco più di cinquanta dalla sua morte – ed è sempre viva l’esigenza di riscoprire il poeta interprete dei classici e dell’ermetismo.
Salvatore Quasimodo: la vita e le opere
Nato a Modica (in provincia di Ragusa) nel 1901, trascorre la giovinezza in giro per l’Italia, tra gli studi di ingegneria (poi abbandonati) e il lavoro. I primi versi li scrive quando era ancora un bambino; da ragazzino ha già pubblicato diverse poesie e raccolte per varie riviste, soprattutto locali.
Risale al 1930 la pubblicazione della raccolta Acque e terre, che attira la critica facendogli guadagnare un certo prestigio nell’ambiente fiorentino, in cui prolifera il gusto per lo stile ermetico. Nel 1932 viene alla luce Oboe sommerso, una seconda raccolta con la quale Quasimodo conferma la sua appartenenza all’ermetismo. Il 1940 è l’anno de I lirici greci, un’antologia di traduzioni dedicata al lirismo greco classico – si tratta, probabilmente, dell’opera di cui l’autore andava più fiero. Dal 1941 insegna Letteratura italiana al Consevatori Giuseppe Verdi di Milano, città che da quel momento appare spesso nei suoi componimenti (al pari delle immagini ricavate dalla memoria del luogo natìo).
Con Ed è subito sera (1942), che contiene, tra le altre, la nota poesia omonima, la lirica di Quasimodo ottiene un successo inaspettato. Dopo la guerra, oltre al tema della condizione umana, colta nel suo significato esistenziale, il poeta abbraccerà un tipo di poesia più “impegnata” (includendo in essa riferimenti alla Resistenza e alle concrete condizioni sociali dell’epoca).
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Salvatore Quasimodo: le motivazioni dell’Accademia e il commento del poeta
Per un artista che tuttora, ingiustamente, appare nelle pagine di letteratura solo all’ombra della più vasta corrente dell’ermetismo e dei suoi rappresentanti più famosi (Ungaretti e Montale), il riconoscimento ottenuto con il Nobel non può essere “dovuto”; eppure, nell’intervista per la RAI, tenuta al momento della ricezione della notizia del Premio, Quasimodo pizzica la critica commentando: “Posso dire certamente, non che mi abbia sorpreso questo riconoscimento”, e aggiunge: “mi dà una fiducia delle sorti della civiltà del mondo contemporaneo; cioè a dire: è un premio che va al di là del valore letterario”.
Quasimodo: “la poesia ama le terre che galleggiano sul mare”
Prima di lui altri due siciliani erano stati insigniti del Nobel: Grazia Deledda (nel 1926) e Luigi Pirandello (nel 1934). A questa osservazione del giornalista, Quasimodo risponde con ironia: “Sarà una coincidenza, si vede che la poesia ama le terre che galleggiano sul mare”.
Secondo le motivazioni della giuria svedese, la poesia di Quasimodo “Con fuoco classico esprime la tragica esperienza della vita dei nostri giorni”. Se la grandezza di un poeta si misura soprattutto dalla sua capacità di esprimere sentimenti, esperienze e stati d’animo universali, Quasimodo va riscoperto anzitutto per una tale inclinazione manifesta in tutta la sua produzione.
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