Risale allo scorso marzo la larga approvazione in via definitiva della ormai notissima legge sulla legittima difesa domiciliare, ovvero la n. 36 del 2019, che in Senato ha ricevuto 201 sì, 38 no e 6 astensioni. In estrema sintesi, tale normativa è in qualche modo “rivoluzionaria”, in quanto la difesa diviene sempre legittima, perche’ la proporzione tra difesa e offesa è riconosciuta “sempre”, quando un privato cittadino reagisce con un’arma all’aggressione o alle minacce subite nella propria abitazione o anche nel luogo di lavoro. Insomma non è punito chi reagendo o opponendosi alla condotta criminosa del malintenzionato, si trovava nel cosiddetto stato di “grave turbamento“. Vediamo però più da vicino i contenuti di questo importante provvedimento sulla causa di giustificazione del reato data dalla legittima difesa e a quali aspetti è necessario fare attenzione, onde non incappare in possibili conseguenze penali per il privato cittadino.
Legittima difesa domiciliare: il contesto di riferimento e i tratti essenziali
Il provvedimento in oggetto è stato fortemente voluto dal Governo giallo-verde, ovvero il Conte I, ma ricevette anche i voti favorevoli di partiti di opposizione quali Fratelli d’Italia e Forza Italia, a testimonianza di quanto in verità il problema interessasse tutte le forze politiche, trasversalmente.
Lo scopo della legge in oggetto è quello di consentire al cittadino di “autotutelarsi” laddove l’intervento delle forze dell’ordine non possa essere immediato, repentino o comunque idoneo a sventare la commissione di reati compiuti in ambito domestico, come ad esempio furti, rapine e violenze. Insomma tale legge ha la finalità di rendere il cittadino, in qualche modo, più “libero” di difendere se stesso e i propri cari dal pericolo attuale di aggressione e minacce di chi penetra in casa senza autorizzazione. Ma di fatto com’è intervenuta tale legge sul Codice Penale esistente?
In sostanza, la legittima difesa domiciliare è ora riformata, secondo le indicazioni della suddetta legge, e trova disciplina nel nuovo art. 52 Codice Penale (“Difesa legittima”) e nell’art. 55 sull’eccesso colposo. Inoltre, sono oggi aumentate le pene per gli illeciti di violazione di domicilio, furto e rapina.
Ciò che preme ricordare è che la legge non mette in discussione la reazione di chi difende se stesso, la moglie o i figli, servendosi di un’arma detenuta legalmente (o altro strumento simile), anzi riconosce che la sua reazione è stata giustificata, tanto da non poter subire conseguenze penali per essersi difeso in casa propria. Tuttavia, è necessario – al fine di capire se ricorrono o meno i presupposti della legittima difesa – che la magistratura, ovvero la Procura della Repubblica, faccia tutti i rilievi del caso, svolgendo compiutamente e dettagliatamente l’accertamento delle dinamiche della vicenda, attraverso le indagini sui fatti.
Ma rileva in particolar modo l’art. 2 della legge n. 36 citata: tale disposizione afferma infatti che il privato cittadino che si difende, non è punibile neanche se si trovava profondamente turbato dal pericolo che si è trovato improvvisamente di fronte (ad esempio, due uomini incappucciati appena entrati dalla finestra dell’appartamento o dal giardino). Insomma, l’articolo menzionato modifica l’eccesso colposo di legittima difesa, in qualche modo oltrepassandolo.
Quando si può sparare? Le precisazioni della Cassazione
Tuttavia, la legge sulla legittima difesa domiciliare – com’è ovvio – disciplina in via generale tutte le possibili situazioni concrete. Pertanto, per capire caso per caso, quando effettivamente ricorre, sarà necessario svolgere dettagliate indagini su come effettivamente sono andati i fatti. In quest’ambito è stato essenziale il contributo della giurisprudenza della Cassazione, che con la sua interpretazione della legge sulla legittima difesa ha dato utilissimi indicazioni da seguire. In particolare, la Suprema Corte ha dovuto esprimersi su una questione non semplice ed, anzi, di impossibile soluzione, se non collegandola alla situazione concreta: se un malvivente entra in casa per rubare o aggredire, si può sparare o comunque è legittimo farlo? In altre parole, quando è possibile ritenere che sussista di fatto il cosiddetto “grave turbamento” o che la minaccia dell’intruso sia così grave da giustificare ogni atto di difesa, ed anche l’eventuale uccisione del ladro o dell’aggressore?
Le linee guida giurisprudenziali ci danno significativi chiarimenti, che di seguito cerchiamo di sintetizzare:
- non è legittima difesa, la condotta di chi spara contro il ladro introdottosi in casa, se quest’ultimo non è pericoloso, ovvero se non brandisce un’arma o comunque non si sta comportando in modo tale da costituire effettivo pericolo per l’incolumità delle persone residenti nell’abitazione. Una eventuale difesa che provochi lesioni o addirittura l’uccisione del ladro, costituirebbe infatti il cosiddetto “eccesso colposo di legittima difesa”, e come tale capace di produrre una responsabilità penale per colui che illegittimamente si sia difeso “in modo troppo energico”.
- secondo la giurisprudenza, stesse considerazioni valgono per il ladro armato, ma in fuga con la refurtiva: non gli si può sparare contro o alle spalle, in quanto non integrerebbe legittima difesa ma l’eccesso suddetto. In tali circostanze, il privato dovrà piuttosto richiedere, appena possibile, l’intervento delle forze dell’ordine.
- per la Cassazione è obbligatoria, sempre e comunque, l’attualità del pericolo, altrimenti la difesa preventiva è illegittima, in quanto mancherebbe il fattore di necessità della stessa. Se il pericolo è attuale, l’uso dell’arma o della forza per difendersi non è comunque sempre legittimo: l’utilizzo dell’arma è dato per proporzionato – e quindi legittimo – soltanto se il ladro non desiste dalla condotta illecita ed anzi c’è il concreto rischio che essa possa dar luogo ad un’aggressione a chi vive nella casa. È chiaro che tutte queste circostanze andranno ricostruite in corso di indagine.
- è comunque necessaria la sussistenza e l’accertamento in giudizio del “grave turbamento psicologico”, ovvero uno stato di consapevolezza e di tensione per il pericolo in atto, prodotto dall’intruso o dagli intrusi, che ha comportato la legittima difesa al fine di proteggere la propria o l’altrui incolumità.
Nessuna conseguenza sul piano civilistico
Concludendo, la legge sulla legittima difesa domiciliare comporta un’altra importante novità: il privato cittadino, se giudicato innocente perché ha esercitato validamente la legittima difesa domiciliare, non è di conseguenza obbligato a risarcire i danni dal punto di vista civilistico, eventualmente provocati all’aggressore o al ladro con la sua reazione, come nel caso che il delinquente sia rimasto gravemente ferito o ucciso a seguito della colluttazione.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it