Intervista al senatore dell’IDV Pancho Pardi

Pubblicato il 22 Settembre 2009 alle 22:26 Autore: Salvatore Borghese
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Intervista al senatore dell’IDV Pancho Pardi

Intervista al senatore dell'IDV Pancho Pardi

Al 4° incontro nazionale dell’Italia dei Valori era presente anche il senatore Francesco “Pancho” Pardi, già filosofo, professore universitario e collaboratore di molti quotidiani e riviste culturali, eletto nel 2008 in Toscana. L’abbiamo intervistato a proposito di rapporti tra il PD e l’IDV in Senato e sul rapporto di questi due partiti con i movimenti della società civile.

[ad]Senatore Pardi, come sono i rapporti tra i senatori dell’IDV e quelli del PD?

Il rapporto tra i senatori dell’IDV e gli altri, dal punto di vista umano, è buono; più o meno tutti si attengono alla regola di evitare comportamenti che possano portare ad inutili ostilità. Ho la sensazione che su alcuni temi ci sia una maggiore possibilità d’intesa e su altri meno, ma su tutti i temi c’è sempre e comunque qualcosa che fa da ostacolo: per esempio, sulla questione Englaro, che era il “simbolo” della questione della laicità, abbiamo trovato un’intesa con i parlamentari del PD, anche quelli cattolici, orientati verso una posizione laica, mentre ovviamente c’è stato un discreto urto con quei senatori che invece esprimevano il punto di vista cosiddetto “teodem”.  Da parte del PD c’è una sorta di tendenza a pensare di essere il centro della situazione e a considerare il nostro apporto in modo un po’ periferico, però poi su certe questioni la nostra presenza è così incisiva che loro devono comunque tener conto del fatto che, pur essendo loro più di cento e noi solo 14, i nostri 14 comunque si fanno valere.

Si dice che l’IDV sia diventata il partito di riferimento stabile di quel movimento culturale che si identifica con il gruppo dei “girotondi”, di Micromega, di quella società civile critica e impegnata in politica. Lei è d’accordo?

Io non credo che il partito possa essere “fotografato” come il partito di quest’area; il problema è che siccome i riferimenti politici nella rappresentanza politica sono venuti meno “a grappolo”, di fatto l’IDV è il possibile riferimento, e forse l’unico, dei movimenti di dissenso, questo sì. Però questo lo intendo in senso dialettico: non bisogna pensare che ci sia uniformità di vedute, e questo ritengo che sia un fatto molto positivo, non negativo, e cioé che i “movimenti del dissenso” hanno anche delle loro intenzioni diverse da quelle del partito, ed è giusto che sia così, e l’interlocuzione è tanto più significativa quanto più esistono disparità di opinioni.

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