Incredibile: un giornale italiano si scusa coi lettori per gli errori scritti
È cosa rarissima vedere dimostrazioni di maturità. Nel mondo dell’editoria, poi, è l’asilo mariuccia: vi ricordate quando una nota testata nazionale pubblicò una bufala clamorosa poi smentita da noi? Quella a cui seguirono articoli farneticanti e un filo aggressivi? Ecco, è la norma nelle redazioni, spesso popolate – ve lo dico per prima esperienza – da personaggi che pur di non ammettere d’avere torto si farebbero frustare, e pur di non chiedere scusa sacrificherebbero il primo figlio.
Oggi il direttore di Leggo.it, Davide Desario, ha scritto un editoriale in cui con inaudita maturità, umiltà e garbo spiega che le persone possono sbagliare, a loro è capitato più volte e se ne scusa, promettendo che lui e la sua redazione faranno di meglio. Dagospia rilancia subito l’articolo, perché in effetti in Italia una cosa simile è uno scoop. Il corollario spassoso è che Leggo è un giornale gratuito. Non devi abbonarti per sapere che Liliana Segre secondo un report ha ricevuto 98675 messaggi di morte poi no, non li aveva ricevuti, ma non avevamo letto il report anche se non lo ammetteremo mai.
Sbagli, chiedi scusa e vai avanti
Perché noi che scriviamo notizie, inchieste od opinionismo possiamo sbagliare. A volte è un typo, a volte la costruzione di una frase, altre una fonte non confermata. Ed è più facile ammetterlo, correggere e migliorare se alle spalle hai una redazione e un direttore vecchio stile che protegge la propria covata invece di buttarla nel tritacarne al grido di “tanto ne trovo altri dieci”. Il risultato è che si forma una squadra di persone che si conoscono, si stimano, e per questo evolvono fino a diventare veterani.
Investire nel personale, si diceva una volta.
Di recente una giornalista, Sara Mauri, ha raccontato su Twitter la sua esperienza da freelance in redazioni anche blasonate. Ma la nostra è una categoria poco amata, non ispira empatia e questo permette a sfruttatori (e babbei poco lungimiranti) di dare al paese un’informazione sempre più schierata, sempre più scadente, sempre meno rilevante, basta che non debbano chiedere scusa.
Se c’è una cosa che ho imparato
In questo lavoro, alla lunga, paga la fedeltà del lettore. Il fatto che si affeziona alla tua penna, alla tua voce e gli interessa avere un tuo punto di vista, anche se magari non lo condivide. Dal punto di vista redazionale, invece, ho imparato che gli autoproclamatisi Ronaldo del giornalismo – sempre per diritto di sangue e mai di spada – sono incapaci di ammettere i propri errori perché farlo sarebbe reato di lesa maestà e preferiscono sfruttare collaboratori, affondare testate storiche pur di non ammettere che sì, ho sbagliato, ho scritto una cazzata, domani andrà meglio.