Il progetto chiamato Vasco (Vanishing and Appearing Sources during a Century of Observations), portato avanti dal team di ricercatori guidato da Beatriz Villarroel dell’Università di Stoccolma e dall’Istituto di Astrofisica delle Canarie, ha come obiettivo quello di confrontare cataloghi o mappe stellari risalenti al secolo scorso e metterle a confronto con le più moderne survey. Il team internazionale di ricercatori coinvolto nel progetto ha individuato in lastre datate, come ad esempio una mappa militare del cielo risalente agli anni ‘50, corpi celesti che col tempo sono letteralmente svaniti nel nulla. Da questo prende nome il fenomeno che gli scienziati hanno chiamato “Missing Star”, stelle perdute, scomparse del tutto dalla Via Lattea.
Entrando più nel dettaglio della sconvolgente scoperta, confrontando oltre 600 milioni di stelle presenti all’interno delle lastre del catalogo militare degli anni ‘50 con le immagini digitali ottenute dalla recente survey Pan-Starrs (Panoramic Survey Telescope & Rapid Response System), i ricercatori hanno trovato circa 150mila stelle presenti nella vecchia lastra ma non nel catalogo Pen-Starrs.
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Le ipotesi avanzate dai teorici sulle Missing Star
Tra tutte le ipotesi avanzate dai ricercatori coinvolti nello studio ce n’è una, e forse la più gettonata, che chiama in causa eventi molto rari conosciuti col nome di “Supernove Fallite”. Andrea Pastorello, ricercatore dell’osservatorio Astronomico dell’Inaf di Padova ci spiega come l’interpretazione dei ricercatori ha potuto ipotizzare che stelle con massa pari o superiore alla ventina di volte la massa del Sole siano collassate diventando un buco nero senza però produrre una brillante controparte elettromagnetica: “In sostanza si tratta di stelle che muoiono senza produrre la classica esplosione detta supernova”.
Pastorello, tuttavia, ci tiene a precisare che questa non è l’unica spiegazione plausibile: “Quando si confrontano le lastre di campi stellari molto vasti di due epoche differenti è altissima la probabilità che queste sorgenti luminose siano visibili in una e non nell’altra. Questo può anche essere dovuto dal fatto che la sorgente che si sta osservando è una stella fortemente variabile: I flares di stelle rosse o variabili cataclismiche, ad esempio, oppure la sorgente osservata è semplicemente l’eruzione di una nova o l’esplosione di una supernova che successivamente non è più visibile; ed ovviamente ci sono moltissime altre possibilità: come le eruzioni di LBV (variabili blu luminose, ovvero stelle caratterizzate da lente variazioni nella luce visibile) oppure addirittura non si esclude la possibilità che ci possano essere dei veri e propri difetti nelle lastre datate. In breve confrontare le immagini di due epoche differenti può evidenziare certamente la presenza di un evento astronomico transitorio, ma tuttavia questo non ne permette la classificazione”.
In modo da facilitare l’esame di tutti i 150mila candidati identificati nello studio, Villarroel e i suoi collaboratori stanno cercando di creare un progetto di citizen science che, grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale, possa accelerarne il processo di identificazione in modo da comprendere a fondo questo bizzarro fenomeno delle Stelle scomparse.
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