Pignoramento presso terzi: nuovi limiti 2020 pensione, conto corrente, stipendio
Pignoramento presso terzi: che cosa dice la legge in materia? quali sono le soglie 2020 con riferimento a pensioni, stipendi e conti correnti?
Sono variazioni che ormai si succedono regolarmente da qualche anno: ci riferiamo ai limiti relativi al pignoramento presso terzi. Si tratta di quei limiti che, periodicamente, a seconda delle variazioni degli indici Istat, sono modificati e al di sotto di cui, un creditore non può mai effettuare l’espropriazione forzata di conto corrente, pensione o stipendio. Vediamo allora quali sono le ultime novità in materia.
Pignoramento: il quadro di riferimento
Il limite in oggetto trova la sua previsione all’art. 545 del Codice di Procedura Civile, riscritto nel 2015 (e dal titolo “Crediti impignorabili“), il quale appunto determina il limite del pignoramento presso terzi sulla base dell’ammontare dell’assegno sociale Inps. Tale cifra, per il 2020, sarà pari a 459,83 euro, così come ufficialmente reso noto dall’Istituto di Previdenza Sociale. In estrema sintesi, non sarà possibile avviare l’iter di espropriazione forzata dei beni, se la pensione è inferiore alla somma della misura massima dell’assegno sociale aumentato della metà, ovvero 689,74 euro. E non sarà possibile procedere con il pignoramento del conto corrente con meno del triplo dell’assegno sociale, corrispondente perciò a 1.379,49 euro, nel caso in cui su tale conto corrente sia accreditato lo stipendio da lavoro dipendente o la pensione. Come accennato, ciò si ricava dal richiamato articolo 545, così come modificato quattro anni fa.
Il caso del pignoramento dello stipendio
Vediamo distintamente i vari casi di espropriazione forzata. Anzitutto, attenzione particolare va posta al frequente caso del pignoramento dello stipendio del lavoratore non in regola con il pagamento dei creditori. Egli infatti non potrà essere, in ogni caso, espropriato di somme di denaro al di sotto di uno specifico limite. La normativa vigente impone che questo limite sia corrispondente ad un quinto dello stipendio, al netto di contributi, tasse ecc. Insomma, nell’ipotesi in cui un lavoratore abbia uno stipendio di 1000 euro, potrà essere pignorato in busta paga un importo fino a 200 euro.
In quest’ambito rileva nuovamente l’art. 545 c.p.c., dato che il denaro corrisposto a titolo di stipendio, già accreditato prima del pignoramento sul conto corrente depositato in banca o in posta, può essere oggetto di espropriazione soltanto per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale. Nell’ipotesi differente nella quale l’accredito dello stipendio nel conto corrente sia compiuto a seguito o in corrispondenza del pignoramento, tale stipendio potrà essere oggetto di espropriazione – come appena detto – entro il limite massimo di un quinto.
Pignoramento presso banca e pensione
Nell’altra ipotesi del pignoramento di conto corrente, è coinvolta la banca in veste di intermediaria. Non ci sono particolari differenze rispetto al pignoramento dello stipendio: semplicemente il provvedimento giudiziario con cui è ammessa l’espropriazione dovrà sottostare all’accennato limite massimo pignorabile, pari al triplo dell’importo dell’assegno sociale.
Come anticipato, anche per ciò che attiene il pignoramento della pensione c’è un limite legale, sotto il quale non si può prelevare ulteriori somme. Il limite è pari a una volta e mezzo la somma dell’assegno sociale aggiornato annualmente dall’Inps. Si tratta di una soglia – 689,74 euro – che il legislatore definisce “minimo vitale”, che deve garantire i mezzi minimi di sostentamento. Va da sé che il pensionato che riceve una somma inferiore al trattamento minimo, non rischierà alcun pignoramento presso terzi.
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Quando c’è divieto di pignoramento?
La legge vigente dispone inoltre quali somme non possono essere mai oggetto di pignoramento presso terzi, vale a dire:
- pensioni di invalidità;
- pensioni sociali;
- assegni di accompagnamento;
Tali somme sono pertanto sempre esenti dagli iter di espropriazione forzata.
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