Il mobbing orizzontale non è un fenomeno di rara manifestazione, negli ambienti di lavoro. Anzi è un fenomeno piuttosto complesso e di svariate applicazioni pratiche, come testimonia la non esigua giurisprudenza sull’argomento. Vediamo allora più da vicino che cos’è, quando ricorre e quando scatta la responsabilità del datore di lavoro, per atti di mobbing orizzontale.
Mobbing orizzontale: che cos’è e come si manifesta
In Italia, il mobbing orizzontale è ormai un tema su cui è focalizzata l’attenzione, non soltanto da un punto di vista psicologico, ma anche e soprattutto da un punto di vista giuridico. Se da una parte è opportuno predisporre strategie per prevenirlo ed eventualmente reprimerlo, dall’altra tutti le possibili applicazioni pratiche si stanno via via definendo nel corso del tempo, in base alle frequenti denunce dei lavoratori vittime di mobbing. Ma che cos’è in sintesi il mobbing?
Tale termine trae origine dal verbo inglese “to mob“, ovvero accerchiare, assalire e viene usato per definire tutte quelle situazioni in cui uno o più lavoratori sono presi di mira in modo continuativo nel tempo – sul luogo di lavoro – con vari atti di prevaricazione e persecuzione psicologica, tali da produrre un impatto psicologico notevole sulla vittima, talvolta anzi costituendo causa di scelte drastiche come le dimissioni. Inoltre, secondo quanto emerge dalle casistiche, pare che il mobbing sia maggiormente diffuso in tempi di crisi o in periodi di maggiore competitività tra i dipendenti dell’azienda. In particolare, tale fenomeno è denominato:
- mobbing verticale, laddove la condotta vessatoria discriminatoria è attuata da un superiore gerarchico (e prende il nome specifico di “bossing” laddove tale condotta è attuata al preciso scopo di estromettere il lavoratore dall’azienda);
- mobbing orizzontale, laddove la condotta vessatoria e discriminatoria è attuata da uno o più colleghi di lavoro;
In effetti, non sempre è agevole capire se si è di fronte ad episodi di mobbing orizzontale, e soprattutto non è sempre facile riuscire ad avere un quadro probatorio chiaro per denunciare tali condotte vessatorie. Tuttavia, nel corso del tempo, la giurisprudenza – sulla base dei casi portati in tribunale – ha svolto utili precisazioni sui requisiti del mobbing orizzontale, che meritano di essere richiamate, quanto meno in sintesi.
I requisiti del mobbing secondo i giudici
In particolare, la Corte di Cassazione ha individuato alcuni requisiti essenziali, che debbono ricorrere per poter parlare di mobbing orizzontale, vediamoli in sintesi:
- gli atti vessatori debbono essere continuati nel tempo e non riconducibili ad un solo episodio;
- il mobbing orizzontale deve avvenire sul luogo di lavoro;
- va provato l’intento persecutorio consapevole da parte dei soggetti agenti;
- deve essere anche dimostrato un progressivo aggravarsi dello stato di salute della vittima, che in qualche modo precluda o renda più difficoltoso lo svolgimento della prestazione lavorativa, a causa dal mobbing orizzontale.
È chiaro che il mobbing orizzontale pregiudica il clima aziendale e ha un grande influenza sulle perfomance dei lavoratori e sul raggiungimento di risultati e obiettivi. Infatti, il datore di lavoro non è sempre esente da eventuali responsabilità in materia.
La responsabilità del datore di lavoro
Secondo l’art. 2087 c.c. (“Tutela delle condizioni di lavoro“), il datore di lavoro è soggetto per contratto a doveri di tutela e protezione nei confronti del lavoratore subordinato. Ciò significa che, tra le sue varie responsabilità, c’è anche quella di assicurarsi della salute e integrità psicologica dei dipendenti nell’ambiente di lavoro e, soprattutto, di vigilare sulla loro condotta. In mancanza del rispetto di tali doveri, in caso di accertamento di mobbing orizzontale, non potrebbe non scattare un’ipotesi di responsabilità civile del datore di lavoro, con correlato iter in tribunale per ottenere il risarcimento danni.
Anzi, in base ad una sentenza del Tribunale di Firenze, si configura espressamente mobbing orizzontale anche laddove il datore di lavoro sappia dei gesti vessatori, ma non si attivi per la loro immediata cessazione. Insomma, il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile – ed è tenuto a pagare i danni – per il danno fisico e psichico patito dal dipendente nello svolgimento del lavoro; ciò in quanto ha omesso, consapevolmente, di intervenire per reprimere la condotta di mobbing orizzontale.
Concludendo, dal punto di vista probatorio al dipendente spetterà tuttavia la prova del danno subito a livello di salute psicofisica. Non sarà sufficiente cioè la prova delle singole vessazioni, bensì sarà necessario dimostrare il nesso di causalità, ovvero l’interrelazione tra i singoli atti vessatori con il danno alla salute. Si tratterà poi in sede di quantificazione del danno, di una valutazione compiuta dal giudice, tenendo ben presente che è un’ipotesi di danno non patrimoniale, ovvero fisico o psicologico.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it