Recentemente il Governo è intervenuto nei confronti dei reati tributari e dei loro evasori, con una serie di novità normative che inaspriscono le sanzioni in caso di commissione di illeciti nel campo delle tasse e che introducono diverse modifiche alla normativa vigente. Insomma lo slogan circolato in questi ultimi mesi, specialmente negli ambienti M5S (ovvero “manette agli evasori”) sembra aver trovato attuazione con legge. Vediamo perché.
Reati tributari: quali sono le novità?
Si può parlare di una vera e propria riforma dei reati tributari, ovvero quella contenuta nella legge n. 157 del 2019, che ha convertito il decreto fiscale 2020. Tale provvedimento ha infatti modificato la disciplina penale e la responsabilità amministrativa degli enti. In sintesi, sono quattro i punti chiave della legge da poco pubblicata in Gazzetta Ufficiale:
- inasprimento delle pene per la quasi totalità dei reati tributari;
- modifica della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti, al fine di punire specificamente l’ente nelle circostanze in cui i reati tributari siano compiuti a vantaggio dell’ente, ed ampliamento dei reati tributari che danno luogo a responsabilità dell’ente;
- abbassamento di alcune soglie di punibilità;
- in ipotesi di condanna per reato tributario, confisca dei beni i cui il condannato abbia disponibilità per un valore che sia ritenuto sproporzionato al valore del proprio reddito;
In verità, si tratta di una legge che non ha mancato di creare accese polemiche sia tra le forze di opposizione, sia tra i soggetti che compongono le forze di maggioranza, tra cui Italia Viva, ma anche in alcune note realtà imprenditoriali, Confindustria in primis.
Le novità viste da vicino
Come accennato, la legge in oggetto incide non poco sul settore dei reati tributari, con un generale inasprimento delle pene, però in qualche modo”alleggerito” per tutte quelle condotte considerabili come non fraudolente (per esse non è peraltro applicata la cosiddetta confisca allargata). Ed è altrettanto vero che, anche per gli illeciti compiuti con intento di frodare il Fisco, è ora prevista l’applicazione della causa di non punibilità, nell’ipotesi di totale pagamento del debito tributario.
Tuttavia, il tratto caratterizzante di tutta la riforma resta quello della maggior durezza verso gli evasori. Pertanto, per ciò che attiene la pena della reclusione, prevista per il reato di dichiarazione fraudolenta attraverso uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, abbiamo ora che essa è aumentata da 4 a 8 anni. Inoltre, scatta la confisca allargata laddove i passivi fittizi superano i 200.000 euro e nei casi in cui l’imposta evasa oltrepassi i 100.000 euro. Aumentata anche la sanzione per i reati tributari consistenti nella dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, con la reclusione da 3 a 8 anni (invece che da 1 anno e 6 mesi a 6 anni, com’era in precedenza).
Ricordiamo, per completezza, che per “confisca allargata”, il legislatore intende la possibilità di confiscare denaro, beni o altri valori dei quali il condannato non può giustificare la provenienza e dei quali risulta essere titolare o avere la disponibilità, ma in valore sproporzionato al proprio reddito.
Va però sottolineato che i reati tributari di cui trattasi, potranno trovare estinzione, a seguito dell’integrale pagamento del debito verso il Fisco, con il cosiddetto “ravvedimento “. Ma ciò a patto che l’autore dell’illecito si ravveda prima della formale conoscenza di una indagine nei suoi confronti.
Anche in caso di dichiarazione infedele, abbiamo pene ora più dure, con le reclusione che sale, nel minimo, a 2 anni e nel massimo, a 4 anni e 6 mesi. Diminuite le soglie di punibilità dei reati tributari laddove il valore della tassa evasa oltrepassi i 100.000 euro (non più quindi 150.000 euro) e la somma degli elementi attivi nascosti al Fisco, oltrepassi i 2 milioni di euro (prima erano 3).
Concludendo, la riforma dei reati tributari prevede ora pene più dure anche in caso di omessa dichiarazione, da parte del contribuente o da parte del sostituto di imposta, con una reclusione fino a 5 anni; lo stesso dicasi per le fatture emesse per operazioni inesistenti, la cui sanzione della reclusione può toccare gli 8 anni (per importi falsi uguali o superiori a 100.000 euro) e per i reati tributari legati all’occultamento o distruzione documenti contabili, la cui pena detentiva può oggi arrivare fino a 7 anni di carcere.
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