Il TP intervista Gianfranco Mascia

Pubblicato il 25 Novembre 2009 alle 16:56 Autore: Gianluca Borrelli
Caso Ruby

[ad]Ritiene a differenza di Bersani che Berlusconi sia un problema concreto per la gente? E perché’?

Berlusconi tutte le volte che è andato al governo si è sempre preoccupato di risolvere i suoi problemi (giudiziari o finanziari) piuttosto che quelli dei cittadini. Le 18 leggi ad personam che ha presentato in 15 anni ne sono la chiara dimostrazione.

Che risposte sta dando oggi questo governo alla Scuola, ai precari, al mondo culturale e dello spettacolo, alle nuove generazioni, alle famiglie? Solo tagli. E questo mi sembra un problema concreto.
Anche il berlusconismo dilagante è un problema concreto, un cambiamento culturale che è partito da lontano ed ha utilizzato le televisioni come grimaldello per diffondere l’idea che ciascuno debba farsi i fatti propri, che le risposte alle questioni politiche e sociali siano di tipo individualista, piuttosto che individuale. Ecco allora contrapporrealla dialettica politicail contraddittorio urlato e la volgarità, alla solidarietà l’egoismo, alla socializzazione il farsi i fatti propri senza guardare in faccia nessuno, alla salvaguardia delle istituzioni il frodare il fisco o la corruzione dei giudici.
Non sono forse fatti concreti questi?

Ci sono alcuni commentatori ed esponenti politici secondi i quali la strategia “antiberlusconiana” del centrosinistra dopo 15 anni andrebbe accantonata, visto che non sembra aver funzionato. Lei che dal 1993 sostiene iniziative antiberlusconiane come il BOBI (“Boicotta il Biscione)” cosa ne pensa? Il centrosinistra ha mai davvero adottato una strategia “antiberlusconiana”?

È vero esattamente il contrario. Nel 1993 partimmo con la nostra idea di boicottaggio per sottolineare la forza delle scelte personali nel contrastare il dispiego di mezzi con i quali Berlusconi era entrato in politica. Ma nessuna forza politica aderì alla nostra protesta. La società civile aveva intuito la pericolosità del fenomeno, i partiti di sinistra no.

Allora noi dei BoBi, a fronte di una serie di successi (più di 2.800.000 spettatori in meno in occasione del primo grande sciopero dei telespettatori a Canale 5, la rete ammiraglia del gruppo Fininvest, meno 3% di fatturato nella catena di supermercati Standa nel 1994) ci trovammo con una fantastica e spontanea rete di comitati in tutta Italia, ma completamente isolati rispetto alla politica “ufficiale”.

La riprova l’avemmo con il referendum per abrogare la Legge Mammì(votata anche dall’allora Partito Comunista Italiano): la campagna referendaria fu sostenuta solo dal comitato per il Sì. Berlusconi fece scendere in campo anche la Zanicchi e Sbirulino, mentre i partiti di opposizione decisero diinvestirepochissime energie, al punto che D’Alema, il giorno dopo la sconfitta referendaria, si affrettò a dichiarare: “Non voteremo una riforma che non sia sostenuta anche dal Polo”.

Vogliamo poi parlare della Bicamerale?

In questi 15 anni si è disatteso il problema principale: risolvere l’anomalia italiana con una legge sul conflitto di interessi. Alla richiesta– soprattutto dalla società civile – di trovare una soluzione non è stata data risposta, anche da parte dei governi di centrosinistra.

Iniziative come la sua che risultati hanno portato in concreto?

Il BOBI è servito per iniziare anche in Italia una forma di protesta non violenta (i boicottaggi) che già aveva avuto molto successo in molti altri Paesi. Avercapito che tante scelte personali, se coordinate e canalizzate, potessero incidere nella realtà economica e politica lo ritengo un grande successo.

Con i Girotondi sono nate le prime manifestazioni autoconvocate e la prima rete di gruppidistinti ma con i medesimi obiettivi. Sicuramente con le loro manifestazioni (in particolare Piazza San Giovanni e gli Ora Basta) rivolte anche all’elettorato di centrodestra, hanno contribuito a preparare la vittoria del centrosinistra del 2006.

Spero che il No Berlusconi Day dia gambe ad un movimento fatto di collegamentitra gruppi eterogenei. Sarebbe bello che questa “intelligenza collettiva” potesse dare il suo contributo al dibattito politico, senza la scorciatoia (ormai abusata) del creare l’ennesima lista o partito nuovo

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L'autore: Gianluca Borrelli

Salernitano, ingegnere delle telecomunicazioni, da sempre appassionato di politica. Ha vissuto e lavorato per anni all'estero tra Irlanda e Inghilterra. Fondatore ed editore del «Termometro Politico».
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