Maltrattamenti in famiglia: cosa sono, estremi e quando scattano per legge

Maltrattamenti in famiglia: che tipo di reato è e dove è sanzionato nel Codice Penale? Quando può dirsi concretizzato nella realtà?

Maltrattamenti in famiglia cosa sono, estremi e quando scattano per legge
Maltrattamenti in famiglia: cosa sono, estremi e quando scattano per legge

Quotidianamente, su giornali e tg sono resi noti fatti inerenti maltrattamenti in famiglia, un reato purtroppo tra i più diffusi e che testimonia come talvolta anche l’ambiente domestico non sia tra i più sicuri o protetti. Vediamo di seguito che cosa la legge dice riguardo ai maltrattamenti in famiglia, ovvero da che cosa sono integrati e quando ricorrono.

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Maltrattamenti in famiglia: di che reato si tratta? qual è la finalità del legislatore?

Il reato di maltrattamenti in famiglia è disciplinato e sanzionato dall’articolo 572 Codice Penale, allo specifico scopo di tutelare la salute e l’integrità psico-fisica di persone che appartengono a un contesto familiare o para-familiare. L’odierno articolo è il risultato della riforma del 2012, che ha trasformato i maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli nella versione attuale dell’illecito penale dato dai maltrattamenti contro familiari o conviventi, modificando il testo normativo, in modo da inasprire le pene e prevedere una più dura repressione del reato.

Ciò in quanto il legislatore ha voluto reagire con fermezza al grande numero di fatti di cronaca inerenti maltrattamenti in famiglia, i quali – com’è noto – destano un non irrilevante allarme sociale e preoccupazione nella collettività. In particolare, la nuova formulazione si deve alla legge n. 172 del 2012, la quale ha introdotto tre distinte novità:

Inoltre, va rimarcato che una legge dell’anno scorso, la n. 69 del 2019 (il cosiddetto “Codice Rosso”), ha introdotto l’attuale ultimo comma dell’art. 572 accennato, disponendo che il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera anch’essa persona offesa dal reato.

Sul piano sanzionatorio, la legge attuale prevede che il soggetto condannato – nell’ipotesi generale – subisca la pena detentiva da un minimo di tre anni ad un massimo di sette anni di carcere, salvi gli eventuali aumenti di pena previsti nei vari commi dell’articolo menzionato.

Quanto scatta questo reato?

La norma penale è piuttosto chiara, dato che si parla di maltrattamenti in famiglia in tutti i casi in cui un soggetto (propriamente non chiunque, ma soltanto chi è in una certa posizione rispetto alla vittima) “maltratta una persona appartenente alla sua famiglia o comunque con lui convivente o una persona sottoposta alla sua autorità o che gli è stata affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia o per l’esercizio di una professione o di un’arte“.

Tale reato di maltrattamenti in famiglia, tecnicamente parlando, è inteso come reato abituale a condotta plurima, dato che per la sua consumazione (ovvero per la sua commissione) è necessaria una reiterazione nel tempo di condotte omogenee, ovvero un’abitualità di atti integranti maltrattamento. Insomma, il comportamento penalmente rilevante deve concretizzarsi in una sequenza di più atti, commissivi od omissivi, che singolarmente ed isolatamente considerati potrebbero anche non dare luogo ad un reato.

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In particolare, la giurisprudenza della Cassazione ha chiarito che i maltrattamenti in famiglia scattano ogni volta in cui si hanno più atti prevaricatori, vessatori o oppressivi, reiterati in un lasso di tempo più o meno ampio, capaci di produrre nella vittima una consistente sofferenza fisica o morale, eventualmente anche nuocendo allo sviluppo della sua personalità. Ma quali sono gli atti che concretamente costituiscono maltrattamento?

Secondo la Suprema Corte, sono tali da far scattare l’applicazione dell’art. 572 suddetto:

Un quadro quindi piuttosto ampio e ben definito cui si ricollega il dolo generico; ovvero, per poter emettere una sentenza di condanna per il reato in oggetto, è necessario accertare che il soggetto agente ha compiuto gli atti in piena consapevolezza e con la coscienza/volontà di ingenerare nella vittima una serie di conseguenze negative, tali da lederne l’integrità fisica e/o morale.

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