In Italia gran parte delle abitazioni sono di proprietà di chi ci vive, ma negli ultimi anni i contratti di affitto immobile sono aumentati: da una parte le difficoltà di acquistare una casa con il mutuo, dall’altra la praticità dell’istituto della locazione, determinano infatti il frequente ricorso a questo tipo di contratto immobiliare. Vediamo allora che succede in un caso pratico molto diffuso in questo contesto, ovvero quali conseguenze si hanno in caso di pagamento in ritardo del canone di affitto immobile. Facciamo chiarezza.
Affitto immobile e rata d’affitto non pagata: un problema concreto
Le cause di un ritardo nel pagamento anche di una singola rata di affitto immobile possono essere svariate: una banale dimenticanza, degli impegni di lavoro molto onerosi o con frequenti trasferte, una fase di difficoltà economica dovuta magari ad un indebitamento o alla perdita del lavoro ecc. In ogni caso, si tratta di morosità anche minime, ma che il diritto considera delle potenziali cause di scioglimento del contratto, o meglio: cause di risoluzione contrattuale di diritto.
Tuttavia in tema di pagamento in ritardo delle rate di affitto immobile, non esiste una soluzione univoca al problema, dovendosi distinguere più situazioni, a seconda che l’affitto immobile riguardi locali ad uso commerciale o abitativo, oppure a seconda che le parti del contratto abbiano previsto o meno la cosiddetta “clausola risolutiva espressa”. Vediamo di seguito le differenti ipotesi.
Affitto immobile ad uso abitativo e ritardi nel pagamento del canone
I rischi concreti, in queste circostanze, sono quelli collegati alla possibilità che il locatore si avvalga delle regole del cosiddetto sfratto per morosità. Infatti, la legge impone all’affittuario un tassativo termine per versare il canone di affitto, ovvero entro il giorno 20 del mese successivo rispetto al mese a cui il canone si riferisce. Per esempio, se non è stata versata la rata di canone per il mese di settembre, l’inquilino avrà tempo fino al 20 ottobre per saldare la rata senza alcun ritardo. E – va sottolineato – un solo ritardo per una sola rata non pagata, è condizione sufficiente ad integrare gli estremi dello sfratto, ovvero del rilascio forzato dell’abitazione. Pertanto quali sono le conseguenze pratiche in queste circostanze?
Semplicemente, il proprietario dell’abitazione – e creditore nei confronti dell’inquilino per la rata o rate non pagate – potrà avvalersi del proprio avvocato per notificare al conduttore una citazione per convalida di sfratto per morosità. In altre parole, il locatore avvierà un formale iter in tribunale, invitando l’affittuario a presentarsi in aula in un giorno prefissato. Conseguentemente, il magistrato designato verificherà l’eventuale perdurare dello stato di morosità. Laddove il debito non sia ancora stato saldato, deciderà per l’ordinanza di sfratto. In verità, la legge consente all’inquilino ulteriore tempo per pagare, fino alla data dell’udienza: se paga prima di quella data o proprio in udienza (ed ovviamente oltre il 20 del mese successivo), non rischierà nulla e non sarà costretto ad abbandonare l’abitazione per sfratto. Tuttavia per pagare il debito, dovrà far fronte a tutti gli arretrati (se sussistenti), gli interessi e le spese legali. In alternativa, potrà domandare un rinvio al giudice (massimo 90 giorni, il cosiddetto “termine di grazia” nelle locazioni ad uso abitativo), durante la prima udienza. Se entro quel lasso di tempo non paga, al giudice incaricato non resterà che emettere il provvedimento di sfratto esecutivo.
Cosa succede nelle locazioni ad uso commerciale?
Se per quanto attiene ai contratto di affitto immobile ad uso abitativo, le norme civilistiche prevedono conseguenze assai precise in caso di ritardi nel pagamento del canone, altrettanto non può dirsi in caso di ritardi nel pagamento di una o più rate di locazioni ad uso commerciale (ad es. negozi, studi professionali, uffici ecc.). In tali circostanze, infatti, sono applicate le regole generali dei contratti, per le quali lo scioglimento del contratto per inadempimento (ovvero mancato pagamento canoni), può essere domandata dal locatore soltanto in caso di gravi e oggettive violazioni (le quali vanno comunque provate ed accertate nelle opportune sedi): in altre parole, deve trattarsi di un ritardo nel pagamento dell’affitto immobile che pregiudichi in modo significativo quelli che sono gli interessi economici del proprietario dei locali. Pertanto, ogni caso concreto va valutato distintamente dagli altri e per stabilire l’effettivo danno al locatore, dovranno essere considerati più fattori e variabili, tra cui la durata totale del contratto, l’ammontare del debito e dei giorni di ritardo.
La rilevanza della clausola risolutiva espressa
Chiaramente il contratto di affitto ha dei contenuti che possono essere liberamente concordati dalle parti, nel pieno rispetto del principio di autonomia privata negoziale. Ciò significa che proprietario e inquilino possono scegliere per una diversa regolamentazione dell’affitto, rispetto a quanto visto finora. Possono farlo servendosi della cosiddetta “clausola risolutiva espressa” (di cui all’art. 1456 Codice Civile), ovvero definendo in forma scritta dopo quanti canoni non pagati (anche uno solo), il contratto è da intendersi come risolto, ovvero come venuto meno. Pertanto, inserendo tale clausola, nel contratto viene inclusa una condizione che, se si verifica, impone l’immediato scioglimento del contratto, ovvero lo sfratto per morosità. E a nulla serviranno le eventuali difese o giustificazioni dell’inquilino: dovrà abbandonare i locali affittati, in forza della clausola citata.
Concludendo, in una eventuale causa in tribunale, il magistrato si limiterà semplicemente a dichiarare la risoluzione del contratto affitto immobile, senza bisogno di valutare la gravità del ritardo, avendo le parti posto a priori la clausola citata.
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