È proprio vero che un uso smodato e ripetitivo del cellulare può portare all’insorgenza di cancro al cervello? A quanto pare, la risposta è affermativa. Questo è quanto confermato dalla Corte d’appello di Torino. La questine ha per protagonisti i legali Stefano Bertone e Renato Ambrosio che hanno seguito il caso del neurinoma acustico di Roberto Romeo. Vediamo chi era e cos’è successo in questi giorni.
Il caso di Roberto Romeo e dell’Inail
Lavorava per l’Inail (Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) e aveva utilizzato il cellulare per tre ore al giorno consecutive per un arco temporale complessivo di quindici anni. Quando ha contratto un tumore cerebrale, benigno ma invalidante, Roberto Romeo ha promosso una causa contro l’Ente, deducendo la natura professionale della sua malattia.
Nel 2017, l’esito ha difeso la ragione di Romeo, ottenendo risonanza come uno dei pochi casi conclusosi con “sentenze di merito consecutive favorevoli per il lavoratore”, corrispondendogli una rendita vitalizia. Oggi, i giudici confermano per il caso specifico il nesso di causa-effetto tra l’utilizzo prolungato del cellulare e la comparsa del neurinoma acustico.
Cancro al cervello e assenza di prove scientifiche
Nonostante il boom sfrenato di un uso quotidiano mondiale della telefonia mobile, la maggioranza degli studi in merito non conferma l’esistenza di tale corrispondenza causale. Un contatto prolungato con il telefonino attivo non ha effettivamente aumentato il rischio di cancro al cervello.
Diverse sono le spiegazioni dell’assenza di una conferma scientifica, legate soprattutto all’avanzamento delle tecnologie: è vero che gli impianti di telecomunicazione sono aumentati a dismisura, ma è anche vero che l’intensità dei segnali trasmessi viene progressivamente ridotta con l’aumentare dell’efficacia di dati e connessioni, nonché grazie all’utilizzo di vivavoce e auricolari bluetooth che riducono l’impatto delle radiofrequenze.
Si stima, per esempio, che la potenza media per chiamata di un cellulare con rete 3G o 4G sia di 100-500 volte inferiore a quella di un dispositivo collegato ad una rete 2G, senza contare che le emissioni del telefonino diminuiscono all’aumentare della copertura garantita dalla stazione radio più vicina.
Dunque non ci sono, al momento, dosi massicce di prove scientifiche che evidenzino il legame tra telefonini e tumori cerebrali. Tuttavia, il dibattito resta aperto.
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