Eleggimi, ma di soldi saziami
di GIORGIO CORTELAZZO
I cittadini italiani continuano a pagare profumatamente i partiti politici, in barba al referendum abrogativo del ’93, con cui la popolazione aveva chiaramente espresso la volontà che lo Stato interrompesse ogni finanziamento alle forze politiche. (1)
STORIA DI UNA FREGATURA Lo stratagemma scelto per scavalcare la sovranità popolare ha preso il nome di rimborso elettorale. Con la legge del 3 giugno 1999, n. 157, si è stabilito che i partiti politici avessero diritto all’erogazione di compensi in relazione alle spese sostenute nel corso delle campagne elettorali per il rinnovo della Camera, del Senato, del Parlamento Europeo, dei consigli regionali e per i referendum. (2A) Con la successiva legge 156/2002, si è definita la quota di rimborso a carico di ogni avente diritto al voto nella misura di un euro per ciascun fondo (in totale, cinque euro per ogni potenziale elettore), e si è inoltre stabilito che l’erogazione avvenisse annualmente. (2B) Con decreto del 2006, infine, si è deciso che i rimborsi continuassero ad essere erogati ai partiti anche in caso di interruzione prematura della legislatura, per tutta la durata teorica della stessa. (2C) In uno Stato come quello italiano, in cui quasi non passa anno senza che gli elettori siano chiamati a votare, l’istituzione dei rimborsi elettorali ha assunto i connotati di un vero e proprio business.
IL BUSINESS DEI RIMBORSI I dati emersi dalla relazione che la Corte dei Conti ha dedicato alle spese elettorali per le politiche 2008 fanno indignare. A fronte di uscite che oscillerebbero tra i 110 milioni di euro (stimati dai giudici) e i 140 dichiarati a consuntivo dai partiti, il rimborso complessivo che questi ultimi percepiranno, fino al 2013, sarà di 503 milioni di euro, con un margine di guadagno – del tutto ingiustificato – pari a quasi quattrocento milioni. (3) Il PDL, che alcuni giorni fa si era impuntato in Lombardia perché fosse raddoppiato il tetto di spesa per le imminenti elezioni regionali (con conseguente aumento dei compensi percepiti) (4), dai rimborsi per le passate politiche si ritaglierà la fetta più ghiotta, esattamente 206 milioni e 518 mila euro: la metà della torta. Di questi, tre quarti andranno agli ex di Forza Italia e solo un quarto agli ex di AN (così come deciso con patto segreto tra Fini e Berlusconi nel 2008). (3)
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UNA SFIDA DI ONESTÀ Massimo Bordignone e Sandro Brusco, collaboratori de “Il Sole 24 Ore”, hanno avanzato un’interessante proposta per ricondurre gli immotivati guadagni dei partiti all’utilità dei cittadini. L’idea, che si concentra in particolare sui rimborsi relativi alle elezioni regionali, prevede di bloccare per legge l’erogazione annuale degli stessi ogni volta che le regioni governate concludono l’esercizio in deficit. Il rimborso diverrebbe in questo modo una forma di incentivo per una gestione economicamente razionale della cosa pubblica, in grado di stimolare i partiti alla scelta dei propri candidati secondo logiche di meritocrazia, nonché ad un uso più responsabile delle risorse della collettività. (5) La proposta, senz’altro condivisibile, appare tuttavia di difficile realizzazione, in un contesto istituzionale fortemente autoreferenziale come quello italiano. Segnali positivi arrivano tuttavia dalla capitale: Michele Baldi, del “Movimento per Roma e per il Lazio”, ha sfidato Emma Bonino e Renata Polverini, candidate alla presidenza del Lazio, a rinunciare del tutto ai rimborsi elettorali, affinché questi siano destinati ai servizi per i cittadini. (6) C’è da augurarsi non soltanto che la sfida sia raccolta, ma che pure sia presa ad esempio anche nelle altre regioni d’Italia.
NOTE:
(1) http://www.giornalettismo.com/archives/741/finanziamento-pubblico-ai-partiti-storia-di-una-truffa/
(2A) http://www.camera.it/parlam/leggi/99157l.htm
(2B) http://www.camera.it/parlam/leggi/02156l.htm
(2C ) http://www.affaritaliani.it/milano/il_costo_voto110909.html