Partiamo da un assunto: ai vecchi non piacciono i giovani, ai giovani non piacciono i vecchi e agli adulti non piace né uno né l’altro. Ognuna di queste tre categorie è certa di essere la migliore, la rivoluzionaria portatrice di novità e che dopo di lei andrà tutto a catafascio. Questa tarantella fa parte dell’Uomo fin dall’antica Babilonia e non è detto sia sbagliata; in effetti, imperi e civiltà alla fine sono decadute nello stesso modo e per gli stessi motivi.
La mancanza di dialogo intergenerazionale nei tempi moderni si è acuita da quando abbiamo smesso di andare in guerra o in sala giochi, le due uniche realtà in cui le generazioni dovevano per forza interagire, imparare le une dalle altre e confrontarsi. Oggi tra generazioni c’è una separazione nettissima e un dialogo pressoché nullo, sublimato dalla frase “ok boomer” detta dai giovani ai vecchi, che a loro volta nel ’77 dicevano “ok matusa” ai loro genitori.
Realtà percepita, ancora
Quando si parla di retorica aggressiva, di indignatio lavandaiae e polemiche del giorno sul sempiterno razzismo-fascismo-omofobia si parla di social che i giovani non usano o usano pochissimo: Facebook è territorio dei trentaqualcosa in su, Twitter è praticamente a uso esclusivo dei quaranta-cinquantenni; gente con tanto tempo da perdere per non pensare alle proprie scelte di vita sbagliate, i cosiddetti addetti ai livori.
Sono loro a dettare la retorica, gli argomenti, le gogne. Capipopolo o folla, linciatori o istigatori, fa poca differenza. Ieri qualcuno mi ha domandato se vedo una fine a tutto questo. Esiste una pallida speranza che quest’odio quotidiano cessi? È possibile che la retorica torni a toni più civili?
La mia risposta è speriamo di no.
Siamo un popolo con poca memoria storica perché il cervello può gestire fino a un certo tot di informazioni, poi è costretto a scartare quelle meno recenti o che lo riguardano di meno. Per esempio, non ricordo assolutamente chi disse che i commenti social ci fanno male perché sono all’interno di un oggetto nostro, cioè il cellulare.
Ma è vero.
È brillante.
È come se il portafogli con dentro il tuo bancomat, le foto di tua moglie e dei tuoi figli, il tuo codice fiscale e magari quella vecchia lettera di tuo padre ti mandasse affanculo: non è come se te lo dicesse qualcuno passando in automobile. Per questo ci punge sul vivo, per questo è un’informazione che il nostro cervello ricorda, e per farlo la sostituisce a qualche vecchio fatto di cronaca a caso. Ecco come mai abbiamo poca memoria storica, ma tanta memoria emotiva.
Ed è un gran bene sia così
Diciamoci la verità: oggi tolleriamo soprusi, miserie, squallori e prevaricazioni che avrebbero portato le generazioni passate a fare la lotta armata. Abbiamo stipendi orrendi e bruciamo i patrimoni di famiglia per fare gli intellettuali, viviamo a trent’anni in loculi o stanze in case fatiscenti e quartieri degradati indossando vestiti di plastica e gioielli d’acciaio, il tasso di natalità è azzerato, il sistema pensionistico è al collasso, l’istruzione è obsoleta, mal finanziata e spesso scollegata col mondo del lavoro, così che la percentuale di italiani che fuggono all’estero è in salita, mentre i meno istruiti e gli immigrati vengono schiavizzati da multinazionali o dalla mafia. Il nostro potere d’acquisto è crollato.
Siamo soli, con genitori abbandonati, fratelli chissà dove, con amanti e macchine noleggiati a ore. Non abbiamo famiglia, casa, macchina, lavoro, istruzione, futuro.
Come pensate che sia possibile tollerare tutto questo?
Linciando Amedeus su Twitter.
O facendo perdere il lavoro a qualche idiota con Facebook, per quel che cambia. Insomma sfogando l’orrore della nostra esistenza sugli unici a portata di mano, e chi se ne frega se non c’entrano niente. È più facile. Pianificare, preparare e attuare azioni reali e concrete per destabilizzare la classe., dirigente con il favore delle masse è un lavoro lungo che richiede dedizione, disciplina, costanza, preparazione… e tanto coraggio.
Noi abbiamo rimosso ognuna di queste caratteristiche dalla nostra vita sostituiendole con insulti in Internet, e anche questo è già stato visto nelle dittature, quando le esecuzioni e i supplizi funzionavano a mo’ di intrattenimento e di monito. Il problema arriva semmai quando si toglie alla popolazione la possibilità di linciare e di insultarsi, ma di questo non c’è da preoccuparsi. Combatteremo strenuamente per difendere l’unico diritto che pian piano rimane, cioè quello delle catene.