Cognome padre naturale al figlio, si può imporre? La Cassazione sul tema
La questione è assolutamente concreta e potenzialmente riguarda milioni di coppie residenti in Italia: è possibile dare il solo cognome padre naturale al figlio, ovvero occorre rispettare sempre e comunque la posizione e la scelta del padre naturale, oppure al figlio può essere attribuito esclusivamente il cognome della madre? Vediamolo.
Cognome padre naturale: il fattore riconoscimento
Anzitutto premettiamo che in una coppia non unita dal legame matrimoniale, il padre naturale è tenuto a fare il riconoscimento, ovvero deve effettuare la dichiarazione all’anagrafe, in cui attesta che è suo il figlio nato fuori dal matrimonio. Il rischio – in mancanza di tale dichiarazione – è che la madre e anche il figlio o la figlia, dalla maggiore età, possano fargli causa per ottenere l’accertamento della paternità e conseguentemente il risarcimento del danno derivante dall’assenza della figura paterna, indipendentemente dalla sussistenza o meno di un matrimonio pregresso.
Sono casi di certo oggigiorno non infrequenti: ci riferiamo a quelli delle coppie di fatto che convivono, mettono al mondo un figlio e poi il padre naturale decide di fuggire dalle nuove responsabilità, assentandosi e non rispondendo al suo ruolo per più anni. Nel frattempo, la madre dà al figlio il proprio cognome ma, ad un certo punto, il padre naturale – magari pentito – ritorna per effettuare il riconoscimento del figlio, facendo finalmente fronte alle sue responsabilità.
Non solo: chiede anche che, insieme al cognome materno, sia aggiunto anche il suo. Ebbene, il quesito è assolutamente plausibile ed, anzi, nella realtà quotidiana si manifesta non di rado: può il padre naturale imporre il proprio cognome alla madre e al figlio? È stata ancora una volta la giurisprudenza della Cassazione a fare luce sulla soluzione da dare alla questione: vediamo allora il principio enunciato.
La questione del cognome: quali sono le limitazioni?
In sintesi, è chiaro che se il riconoscimento è scattato soltanto da parte della madre, avrà soltanto il suo cognome, almeno inizialmente. Il problema emerge però, come accennato, in caso di possibile cognome del padre naturale al momento del riconoscimento (ritardatario) del figlio. La legge sancisce che se la madre può non riconoscere il figlio, lasciandolo in ospedale dopo il parto, non altrettanto può dirsi per il padre naturale.
Infatti, egli ha un vero e proprio obbligo, più che un diritto di riconoscere il figlio: il rischio che la madre, in un secondo tempo, gli faccia causa per l’accertamento della paternità e il risarcimento danni è – come sopra accennato – assai concreto. In mancanza di azione giudiziaria, è chiaro che il padre naturale non subirà conseguenze e il figlio conserverà legalmente il solo cognome della madre.
L’ipotesi tipica in cui il padre naturale vorrebbe imporre il proprio cognome è però quella citata: dopo l’iniziale fase di non-riconoscimento, cambia idea, torna per assumersi le sue responsabilità ma in aggiunta vuole anche che sia apposto il proprio cognome al figlio, insieme a quello della madre naturale. È stata appunto la Cassazione – in una sentenza del 2006 – a fare luce sulla questione affermando che, in ipotesi in cui la filiazione del padre naturale sia stata acclarata oppure riconosciuta dopo il riconoscimento svolto dalla madre, non scatta più in via automatica il cosiddetto “patronimico”: anzi, può rivelarsi prevalente l’interesse o l’esigenza di mantenere il solo cognome materno.
Insomma, in caso di contrapposizione tra padre naturale (che vuole apporre il cognome padre naturale) e la madre naturale (che non lo vuole), sarà il giudice chiamato a decidere colui che dovrà occuparsi, in via prioritaria, delle ragioni di tutele del minore; in altre parole, l’attribuzione o meno del cognome del padre naturale dipenderà da una valutazione assai ponderata e prudente di quella che è la sfera personale del figlio, facendo riferimento quindi all’aspetto psicologico, alla sua personale identità e – in definitiva – al suo esclusivo e preminente interesse.
La linea della giurisprudenza della Suprema Corte è quella non dell’imposizione del cognome del genitore naturale al figlio sempre e comunque, bensì quella della valutazione, caso per caso, della corrispondenza dell’attribuzione del cognome paterno all’interesse prevalente del figlio. Ma la Corte ha anche concluso che, in mancanza di rilevanti comportamenti o azioni pregiudizievoli del genitore naturale/biologico, non vi sono ostacoli all’assunzione anche del cognome paterno, posposto al cognome della madre, ovvero la persona che ha effettuato il riconoscimento per prima.
Concludendo, è ammissibile ma non “imponibile” il cognome del padre naturale al figlio, specialmente in caso di riconoscimento successivo dopo molti anni dal parto e dopo una lunga assenza: a patto che il padre non abbia, ad esempio, la fedina penale sporca o comunque non abbia una reputazione non positiva nella società. Ma è anche vero che il giudice può decidere di negare l’attribuzione del cognome del padre naturale al figlio laddove quest’ultimo lo riveda dopo molti anni, e dopo quindi un lasso di tempo in cui l’unico cognome, per ciò che attiene ai rapporti personali e sociali, è stato quello materno: aggiungere anche quello paterno potrebbe essere fonte di grave pregiudizio per il figlio.
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