Buoni fruttiferi postali: modifica rendimento retroattiva, quando è valida
Cosa prevedono le regole sul cambiamento dei tassi di interesse dei buoni fruttiferi postali da parte dello Stato? Le modifiche possono essere retroattive?
Cosa prevedono le regole sul cambiamento dei tassi di interesse dei buoni fruttiferi da parte dello Stato? Le modifiche possono essere retroattive? In caso sia possibile cosa cambia per i risparmiatori?
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Buoni fruttiferi postali: la sentenza n. 3963 della Cassazione
Una recente pronunciamento della Corte di Cassazione ha stabilito che lo Stato può modificare in qualsiasi momento il tasso di interesse dei buoni fruttiferi in maniera retroattiva, tra l’altro, senza l’obbligo di darne comunicazione ai risparmiatori. Questo, in sostanza, il punto fondamentale della sentenza n.3963 degli Ermellini risalente all’11 febbraio del 2019: tuttavia, bisogna precisare come la modifica retroattiva dei tassi di interesse, senza alcun obbligo di comunicazione a parte l’emanazione di un apposito decreto ministeriale, si può applicare esclusivamente ai buoni fruttiferi postali sottoscritti prima del 1999.
Una vera e proprio inversione a U da parte degli Alti giudici che in un’altra sentenza del 2007 avevano invece affermato che la sottoscrizione di un buono fruttifero equivaleva alla stipula di un contratto, dunque, alle parti non era consentito modificare i termini senza rinegoziazione. Detto ciò, nonostante il cambiamento delle regole, all’investitore è sempre consentito recedere dal contratto e, quindi, di incassare l’importo spettante che sarà da calcolare in base al tasso di interesse originario e più vantaggioso.
Buoni fruttiferi postali: il codice postale del 1973 e la serie Q
Già il Codice Postale del 1973 dava allo Stato la possibilità di modificare i tassi di interesse dei buoni fruttiferi con effetto radioattivo per mezzo di un decreto ministeriale. E, in effetti, tale facoltà è stata sfruttata nel 1986 quando i rendimenti dei buoni sono stati praticamente dimezzati emettendo la nuova serie Q. Con quest’ultima veniva modificato il rendimento dei titoli emessi fino al 30 giugno 1986. Tra questi rientravano anche quelli della serie O e della serie P che tante volte hanno determinato dei ricorsi vincenti da parte degli investitori: se acquistati dopo il 1986 devono riportare un timbro che certifica il cambio di rendimento altrimenti bisogna liquidarli in base al tasso di interesse garantito al momento della sottoscrizione.
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