1917, l’adrenalinica ed emozionante corsa contro il tempo diretta da Sam Mendes arriva nelle sale italiane a partire dal 23 gennaio 2020. Il film ha soddisfatto la critica, vincendo il Golden Globe per Miglior film drammatico e Miglior regia e ottenendo nove candidature ai Premi Oscar 2020.
1917 – Ecco la trama.
Aprile 1917, Francia
Schofield (George MacKay) e Blake (Dean-Charles Chapman), due soldati britannici dell’ottavo battaglione vengono incaricati di compiere una missione dalla cui riuscita dipende la vita di 1600 compagni.
Attraversando le linee nemiche – apparentemente abbandonate in seguito a quella che è in realtà una ritirata strategica – i due caporali dovranno raggiungere i pressi di Écoust, consegnando l’ordine di fermare l’attacco suicida.
1917 – Un’esperienza immersiva continuativa.
Il cinema, dopo una prima parentesi dedicata alle scienze, nasce come strumento di intrattenimento, arrivando dopo anni a essere considerata come settima arte. Una delle caratteristiche e dei poteri del cinema è quel senso di coinvolgimento dato dalla combinazione di udito e vista.
È comunque raro che una pellicola riesca davvero a tenere lo spettatore con i muscoli rigidi, gli occhi sgranati e che non scappi uno sporadico sbadiglio, soprattutto nella frenetica vita quotidiana dei nostri giorni. Certi film raccontano storie in grado di suscitare queste reazioni e fra questi si può senza dubbio citare 1917.
Sam Mendes e il direttore della fotografia Roger Deakins (Blade Runner 2049) realizzano un piano sequenza della durata di 119 minuti – in realtà frutto di un montaggio così perfetto da risultare invisibile – capace di garantire un’immersione totale dello spettatore nelle dinamiche raccontate attraverso la soggettiva di un ipotetico terzo componente della missione suicida. L’unica dissolvenza che vediamo, infatti, corrisponde al momento in cui il protagonista perde i sensi, occasione che le sale hanno giustamente sfruttato per mandare l’intervallo ed espediente del regista per rendere il passare delle ore: da giorno diventa notte.
Si spengono le luci
Rinveniamo nella scena abbandonata. Un gioco di luci e ombre, generato dal lancio dei flare nemici, circonda Schofield rendendo ancor di più – se possibile – l’atmosfera di pericolo e ansia in cui tutto può succedere.
Fondamentalmente è questo uno dei capisaldi del progetto di Mendes. Questa immersione attraverso soggettiva fa sì che tensione, ansia e consapevolezza del pericolo imminente siano inevitabilmente assimilate dallo spettatore. Se poi all’esperienza “diretta” si aggiunge la monumentale fotografia di Deakins – capace di giocare, letteralmente, con il fuoco e l’oscurità come vediamo nella città in rovina – l’esperienza cinematografica proposta diviene qualcosa di indimenticabile.
Un film senza bandiere
Una peculiarità di 1917 è individuabile nella scelta di discostarsi da ogni forma di patriottismo gratuito o stigmatizzazione del nemico. Non una bandiera viene mostrata e il nemico assume quasi le sembianze di un’ombra, presentandosi al più come un semplice uomo. Un film di guerra il più umanizzato possibile, un survival in cui l’unico obiettivo è quello di salvare delle vite, non per la patria, non per la vittoria della guerra ma perché il fratello di Blake è un componente del battaglione in questione e perché è la cosa giusta da fare.
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1917 – Luci e ombre
Per ultima, un’osservazione importante è quella che riguarda le luci e le ombre: dal punto di vista della fotografia caratterizza una delle scene più emblematiche e angoscianti del film.
Non solo attori del calibro di Colin Firth e Benedict Cumberbatch interpretano personaggi con un minutaggio esiguo (la recitazione degli attori qui diviene fatto secondario), ma la colonna sonora sembra quasi non esserci, grazie a un montaggio sonoro talmente pregiato da enfatizzare silenzi e rumori come dominanti: dal ramoscello calpestato, agli spari e alle esplosioni.
Per concludere, il film in questione è – quantomeno per la tecnica – una spanna sopra gli altri concorrenti alla vittoria finale. Non punta sul singolo, perciò non stupisce la mancata candidatura al miglior attore per un film drammatico – per quanto le performance di George MacKay e Chapman siano lodevoli.
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