Il coronavirus si diffonde sempre più rapidamente e non c’è più nessun posto sicuro in cui nascondersi. A meno che non siate eremiti e pratichiate la via ascetica (e in quell’eventualità difficilmente vi giungeranno queste righe), siamo ormai bombardati. Nessun ceppo – né la letale Ebola, né la SARS – ha avuto una tale viralità mediatica come quella garantita al 2019-nCoV.
Sintomatologia del coronavirus in rete
Chiunque può rendersi conto della sintomatologia: bacheche di Facebook inondate di “CORONAVIRUS, nuovo caso sospetto a….” e di “+++ ULTIMA ORA +++URGENTE +++CORONAVIRUS+++ INCREMENTA DIFFUSIONE, AUMENTANO NUMERO DEI MORTI”; sempre più quotidiani online dedicano la prima pagina al coronavirus. Nella giornata del 3 febbraio, Tra quelli analizzati (Repubblica, Corriere della Sera, Open, Fanpage, Manifesto, ilGiornale, il Fatto Quotidiano e TPI), solo lo storico quotidiano comunista apre con una notizia di stampo politico. Gli episodi di insofferenza e diffidenza verso la comunità cinese aumentano e gli stessi portatori mediatici del coronavirus – che segnalano ogni colpo di tosse di un cinese in metro come un nuovo caso sospetto – stigmatizzano gli episodi di sinofobia. Un cortocircuito per il quale i mezzi di comunicazione dovrebbero prendersi le proprie responsabilità.
Un sondaggio che certifica la psicosi
In un recente sondaggio dell’istituto Noto commissionato dal Quotidiano Nazionale, gli effetti di questa campagna mediatica virale si fanno sentire eccome. La gran parte degli intervistati si dimostra reticente a comprare prodotti provenienti dalla Cina o a mangiare nei ristoranti cinesi. Secondo gli studi, non c’è possibilità di contagio attraverso il cibo.
Una parte sostanziosa del campione (il 10%) evita di uscire di casa quando possibile e un 18% cerca di evitare luoghi affollati per la paura di essere contagiati. Quasi due italiani su tre temono che il coronavirus possa contagiare qualche persona della propria cerchia affettiva. Addirittura un 38% vorrebbe dotarsi di una mascherina per prevenire il contagio. Strumento realmente inutile per i soggetti sani: le mascherine non forniscono alcuna protezione dal coronavirus e servono, piuttosto, a non far diffondere il virus da parte di chi lo ha già contratto.
Nel grafico qui riportato si mostra la crescita dell’interesse per il coronavirus in Google News. Di seguito, riportiamo il numero di articoli scritti fino al 4 febbraio sul 2019-nCoV su alcune delle principali testate online.
I numeri della viralità mediatica
Il primato assoluto sulla diffusione virale di contenuti riguardanti il coronavirus spetta al Corriere della Sera. La versione digitale del quotidiano di via Solferino pubblica, a partire da gennaio, oltre 300 articoli. Rispetto ad altri giornali che segnaliamo a seguire, va sottolineato che non tutti hanno il coronavirus come tema principale, ma che viene soltanto menzionato all’interno.
In seconda posizione troviamo Open di Enrico Mentana: con oltre 180 articoli prodotti in 17 giorni (e il conteggio sale di ora in ora). Per la quantità di redattori a disposizione – sicuramente più modesta rispetto a quella di Corriere e Repubblica – svetta sugli altri siti d’informazione presi come riferimento. Lo stesso direttore di Open ha sottolineato attraverso un post come il 31/01 sia stato raggiunto il record di utenti (“con 801.750 utenti e 2.512.248 pagine viste è il miglior risultato giornaliero”). Proprio in quella giornata, l’interesse di ricerca per il coronavirus aveva raggiunto il suo picco e sul sito di Open venivano pubblicati 23 articoli sul tema.
Segue a ruota Repubblica, che però comincia a scrivere sul coronavirus due giorni prima di Open e avendo a disposizione una redazione più ampia. Repubblica ha prodotto, finora, 169 articoli in 19 giorni. Tutti presentano il 2019-nCoV come argomento principale. Per uno dei principali giornali conservatori d’Italia, Il Giornale, si parla di almeno cento articoli prodotti nell’ultima settimana. Passando a quotidiani in doppia cifra, troviamo il Fatto Quotidiano che arriva a 91 articoli.
Passando ad altri giornali presi come riferimento, il numero di articoli riguardanti il coronavirus si assottiglia in maniera decisiva. Il Manifesto ha prodotto 38 articoli in tutto, con molti di questi che presentano un taglio editoriale piuttosto che meramente informativo. Il numero di articoli dedicati al coronavirus scende ancora con Fanpage, che ne pubblica una ventina. Rispetto ad altri competitor, Fanpage produce più contenuti audiovisuali riguardanti il virus. TPI si ferma a ventitre (23), oltre a un editoriale del direttore Giulio Gambino “Le donne che ci salvano dal virus, le donne che facciamo a pezzi: l’Italia del 2020”.
Coronavirus: va’ dove ti porta Google Trends
Il resoconto mostra chiaramente come ogni minima informazione aggiuntiva – possa essere questa utile o meno al lettore, comprovata o meno – possa diventare una notizia vendibile. L’aggiunta di una dose di sensazionalismo è chiaramente uno strumento utile per invogliare alla lettura, nonostante vada in contrasto con la deontologia professionale.
Al giorno d’oggi, dalle redazioni online ci si lascia guidare sempre più dalle tendenze di ricerche per stare al passo con i competitor, per cercare il click in più che permetta di far quadrare i conti. Non si va più dove porta il cuore. Per molte redazioni, il mantra è diventato Va’ dove ti porta Google trends.
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