Farmaci senza ricetta: quando l’acquisto è libero e quando è reato?

Farmaci senza ricetta: in quali circostanze è legale acquistarli senza prescrizione del medico e quando invece scatta l’illecito. Chi rischia?

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Farmaci senza ricetta: quando l’acquisto è libero e quando è reato?

Ci sono farmaci il cui acquisto è subordinato alla visita e al parere del proprio medico di fiducia e altri che non abbisognano di questo previo passaggio: i primi sono i cosiddetti “farmaci da banco” o farmaci senza ricetta, mentre i secondi sono farmaci da ricetta o prescrizione medica. Ebbene, cerchiamo di seguito di capire se i farmaci – anche quelli su ricetta – possono essere comunque comprati dal privato senza rischiare conseguenze a livello legale, ovvero: possono talvolta sussistere, per il farmacista, gli estremi di qualche illecito civile o penale? Vediamolo.

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Farmaci senza ricetta: quando scatta l’illecito penale?

Come accennato, nessun rischio può essere anche soltanto lontanamente immaginato, in caso di acquisto di un farmaco da banco e senza bisogno di ricetta. Anzi, in questi casi il farmacista può dare consigli su quale specifico medicinale comprare, trattandosi sempre di disturbi temporanei e passeggeri alla salute e che appunto non necessitano di un previo esame del medico.

La questione emerge piuttosto nei casi dei medicinali da comprare su prescrizione o ricetta medica: una volta ottenuta tale ricetta, l’interessato potrà andare in farmacia, mostrarla e farsi dare la medicina indicata, dietro pagamento del prezzo. Il punto è: se un privato va in farmacia senza ricetta, ad acquistare un farmaco che invece necessita di ricetta e il farmacista glielo dà comunque, quest’ultimo rischia qualcosa a livello penale?

Ebbene, astrattamente la risposta da darsi è affermativa, ma la condotta del farmacista deve essere concretamente legata a talune tipologie specifiche di reato. Pertanto, sarà penalmente responsabile il farmacista che non solo dia i farmaci senza ricetta, ma lo faccia sostituendosi di fatto al medico di fiducia del cliente, fornendo consigli a lui non spettanti e anzi operando anche una ingiustificata valutazione sulle condizioni di salute del cliente: in tali circostanze, è in gioco infatti il reato di esercizio abusivo della professione, sanzionato con la pena della reclusione fino a tre anni e con la multa fino a ben 50.000 euro, e con la interdizione fino a tre anni dall’attività di farmacista (art. 348 Codice Penale).

Potrebbe rilevare però anche l’art. 445 c.p. (che reca il titolo “Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica”), laddove il farmacista si renda penalmente responsabile per aver somministrato farmaci in quantità diversa rispetto a quella prevista dal medico: in questi casi, il rischio di prigione è fino a due anni e la multa può arrivare fino 1.032 euro. Ma è altrettanto vero che non è invece colpevole il farmacista che, per la momentanea assenza in farmacia del medicinale prescritto, ne venda uno equivalente e con lo stesso principio attivo.

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I rischi dal punto di vista del diritto civile

I casi appena visti riguardano la responsabilità penale della vendita di farmaci senza ricetta, che può essere soltanto del farmacista. Analogamente del farmacista può essere la responsabilità dal lato civilistico per il caso della vendita farmaci senza ricetta, ma soltanto laddove il paziente subisca delle conseguenze negative per la propria salute, in un secondo tempo.

Si tratta insomma di una responsabilità accertata ed accertabile “a posteriori”, come acclarato dalla Corte di Cassazione: secondo questo giudice infatti, il farmacista che venda al cliente farmaci senza ricetta – pur essendo obbligatoria – è civilmente responsabile nel caso in cui i farmaci in oggetto abbiano causato un oggettivo e comprovato danno alla salute del cliente. E – ha aggiunto la Cassazione – in tali circostanze il farmacista non potrà difendersi sostenendo:

Concludendo, è opportuno quanto meno accennare anche alle conseguenze di tipo deontologico cui va incontro un farmacista che vende farmaci senza ricetta: i rischi per un iscritto all’Albo nazionale sono notevoli, essendo possibili sospensione o radiazione e anche che il Comune in cui è situata la farmacia, ne chieda ed ottenga la chiusura.

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