Anche se il dibattito in Italia è sempre acceso sul tema, tale aspetto non è mai stato sotto la luce dei riflettori. Che regole valgono quando un calciatore va in pensione? Come cambia il trattamento previdenziale se questo è un professionista o un dilettante?
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Quando va in pensione un calciatore?
La carriera di un calciatore ha una durata molto variabile, al di là di casi molto particolari. Tuttavia, di solito non si va oltre i 40 anni di età: una volta “appese le scarpette al chiodo”, però, non si esce direttamente dal lavoro (capita spesso che un giocatore continui a lavorare come allenatore, preparatore, procuratore, commentatore, insomma, non è raro che rimanga nel mondo da cui proviene anche se indossando una veste diversa).
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Detto ciò, si può dire che per i calciatori e in generale per gli sportivi per quanto riguarda il pensionamento valgono più o meno le stesse regole che valgono anche per gli altri lavoratori. D’altra parte, nel calcio come per gli altri sport, a tal proposito bisogna tenere ben ferma la distinzione tra professionisti e dilettanti (per i quali non è previsto un fondo, in sostanza, devono provvedere da soli ad aprirne uno integrativo).
Il trattamento previdenziale dei professionisti e dei dilettanti
Nel professionismo, il datore di lavoro del calciatore professionista è obbligato al versamento dei contributi nel Fondo pensione sportivi professionisti (in carico all’Inps dal 2011). Se risulta almeno un anno di contributi versati nel Fondo entro il 31 dicembre 1995, un calciatore può andare in pensione a 54 anni se ha un totale di 20 anni di contributi versati (sarà applicato il sistema misto per la determinazione dell’importo).
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Se i contributi sono stati versati dal primo gennaio 1996 in poi (si applica il solo metodo contributivo), invece, il calciatore può andare in pensione, se ha versato almeno 20 anni di contributi (e 5.200 giorni di contributi giornalieri), a 64 anni di età con importo della pensione che deve essere superiore di 2,8 volte quello dell’assegno sociale che per il 2020 ha un valore di poco meno di 460 euro (1287 euro circa), a 67 anni con importo della pensione superiore a 1,5 volte quello dell’assegno sociale (689 euro circa), a 70 anni se l’importo della pensione è inferiore a quest’ultima soglia (devono essere stati versati almeno 5 anni di contributi).
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