Vediamo di seguito che cos’è di preciso il sollecito di pagamento al condomino, quando arriva, la finalità e le sanzioni correlate. Si tratta infatti di un atto non raro nella prassi condominiale, in cui talvolta c’è chi non è puntuale con i pagamenti. Ecco allora giustificato far luce su questo particolare strumento adoperato dall’amministratore di condominio.
Sollecito pagamento condomino: che cos’è? a che serve?
Chiariamo subito che il sollecito di pagamento al condomino altro non è che un atto predisposto dall’amministratore del caseggiato, laddove si riveli opportuno o doveroso sollecitare in forma scritta un condomino che non ha ancora saldato la rata di spese condominiali a lui riferibili, ovvero non ha pagate secondo i termini previsti dal regolamento o dall’assemblea.
Tra le cosiddette spese condominiali – denominate anche “oneri accessori” – vi sono tutti quei costi che vanno sopportati non soltanto per la gestione dei servizi comuni, (come ad esempio portineria, pulizia, acqua, energia elettrica ecc.), ma anche quelli correlati allo svolgimento tempestivo di interventi urgenti per la sicurezza dello stabile e delle parti comuni (come riparazione dell’ascensore rotto o riparazioni dei danni sul tetto a causa del maltempo). In altre parole, tra le spese condominiali sono incluse quelle legate ai consumi e ai servizi essenziali, ovvero i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Il fondamento di tale atto sta nell’utilità pratica di servirsi di un ultimo tentativo bonario di recupero della quota, prima di una eventuale procedimento coattivo giudiziario, solitamente dai tempi non brevissimi.
A questo punto, un condomino potrà domandarsi se, in caso di mancato pagamento delle quote dovute, tale sollecito di pagamento sia comunque obbligatorio oppure resti oggetto di scelta discrezionale dell’amministratore. La regola civilistica è che in generale un sollecito di pagamento al debitore non è un diritto del debitore stesso, per lo meno laddove l’obbligazione ha una data precisa di scadenza nel contratto o è in ballo un risarcimento danni. Ma, nello specifico del sollecito di pagamento al condomino, si tratta di obbligo o mera facoltà dell’amministratore? Vediamolo.
Il punto della giurisprudenza: il sollecito è un obbligo oppure no?
Molti condomini si domanderanno legittimamente se tale sollecito sia o meno obbligatorio: ciò anche in ragione del fatto che l’invio di tale comunicazione costituisce comunque, essa stessa, un’ulteriore voce di spesa.
Ebbene, è possibile rintracciare un indirizzo giurisprudenziale consolidato, proprio anche della Corte di Cassazione, il quale ha dato una risposta definitiva alla domanda: è necessario il sollecito, anteriormente alla richiesta di decreto ingiuntivo verso il condomino moroso L’amministratore non è tenuto al suo invio in oggetto e anzi è libero di agire in giudizio per il recupero del credito condominiale verso il moroso, ovvero può farlo senza aver anteriormente spedito la lettera di sollecito o diffida in via bonaria (quella che è anche denominata “raccomandata di messa in mora”). Ne consegue, secondo il ragionamento dei giudici, che è legittimo il decreto ingiuntivo redatto e notificato senza alcun preavviso come il sollecito.
La ragione è semplice: a prescindere dal sollecito, i condomini conoscono e debbono ricordarsi della data di scadenza dell’obbligazione (ovvero il pagamento della quota): sanno cioè che periodicamente vanno versate le quote relative alle spese condominiali. Insomma il sollecito non è mai obbligatorio, ovvero non è mai condizione indispensabile per il recupero del credito con il decreto ingiuntivo del giudice.
Concludendo, ci si potrebbe altresì domandare se sia possibile obbligare all’invio del sollecito di pagamento al condomino (prima dell’azione in tribunale per il decreto ingiuntivo) attraverso una disposizione ad hoc che lo preveda, all’interno del regolamento di condominio. Ebbene, ancora la Cassazione ha sostenuto che il sollecito o diffida non è – anche in queste circostanze – obbligatorio in quanto non contemplato espressamente alla legge, ovvero dal Codice di procedura civile, per sua natura inderogabile da disposizioni originate da privati cittadini.
Piuttosto così come afferma il testo della riforma del condominio, l’amministratore è obbligato ad intraprendere la via del decreto ingiuntivo entro sei mesi dall’approvazione del piano di riparto – ovvero il prospetto in cui sono ripartite e suddivise tutte le spese tra i vari condomini – rischiando altrimenti la revoca del mandato conferitogli.
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