Sono le tre di notte d’estate, ho vent’anni, la stanza da letto con vecchi mobili tarlati del 1800 non ha l’aria condizionata e le finestre sono aperte. L’unica luce viene dai lampioni della calle. Murano è un cimitero di silenzio e buio, rotto solo dal motore di qualche sporadico cacciapesca e dall’annoiato segnale acustico delle navi alla fonda. Mangiamo arance facendo a gara a chi riesce a togliere la buccia con il picciolo attaccato. Ho vent’anni, lei qualcuno di meno. Parla solo veneziano stretto, una virgola di sorriso di chi trova il lato buffo di ogni cosa; mi sfila una Chesterfield dal pacchetto e se l’accende usando solo indice e pollice. Le chiedo di dirmi qualcosa di più di lei. Sorride a labbra strette, chiude gli occhi e scuote la testa.
-Allora qualcosa di quelli come te –
provo.
Nella penombra perlustra il soffitto come se cercasse
qualcosa, poi si gira di fianco: -Conosci la storia della madonna
nera?
Dico di no.
-Se percorri le fondamenta Manin fino al sotoportego c’è un’edicola protetta da una cancellata di legno. Dentro c’è una statua della Madonna, fatta in mosaico. Fino a qualche anno prima non era così. Ce n’era un’altra, scolpita non si sa da chi nel 1612 che raffigurava la madonna con un bambino in mano. L’aveva trovata il prevosto di San Pietro Martire sulla scalinata della porta d’acqua, mi sembra nei primi dell’800.
-Chi ce l’aveva messa?-
-Aspetta. Insomma, la statua è proprio bellina, così il prevosto se la porta dentro e la mette sottochiave. La mattina dopo si sveglia e trova il lucchetto forzato e la statua è sparita. Corre fuori per dare l’allarme e la ritrova lì sulle scalinate della porta d’acqua dove l’aveva trovata. –
-Miracolo! – sogghigno.
– Il prevosto crede più nello scherzo di cattivo gusto, così la rimette sottochiave ma stavolta con una grossa catena e due lucchetti. Il mattino dopo, stessa storia. Pescatori e muranesi già gridano al miracolo, ma lui s’incazza; richiude la madonna nera in sacrestia e stavolta ci mette una poltrona davanti. Indovina? –
-Si addormenta clamorosamente.-
-Bravo, e la mattina dopo la madonna nera è sugli scalini come al solito. L’intera isola è convinta ci sia di mezzo lo diabolo e tutti giù a pregare e farsi il segno della croce. Il prevosto allora assolda tre pescatori e tre sedie che veglino davanti a lui tutta la notte –
-Allora le sedie sono quattro.-
-Ma no, così stanno in piedi a turno per non addormentarsi. Eppure è tutto inutile; appena si sveglia non fa in tempo ad aprire l’urna che da fuori sente delle grida terrorizzate. Corre e la madonna nera è lì, sulle scalinate. Anche il prevosto si convince che è un miracolo e la mettono in bella vista, circondata da quella cancellata di legno. E lì è rimasta a concedere qualche grazia ai muranesi finché nel 1974, per lavori di consolidamento, han dovuto rimuovere la scalinata e tenere la riva dritta. Alla fine dei lavori, però, la madonnina nera non c’è più. L’ultima volta che qualcuno la vide è stato il 19 dicembre 1979, la data d’inizio dei lavori. –
-Non è un granché come storia. E poi ti avevo chiesto di raccontarmi…-
-No, questa è la leggenda.- mi interrompe, sussultando per mettersi comoda -La storia non la sanno in tanti. Quasi nessuno, in realtà.-
-E tu perché sì?-
Mi fissa senza parlare.
-Sentiamo – gemo.
-Bè, la realizzazione non è difficile. La prima volta forzi il lucchetto, la seconda e la terza idem. La quarta tu sei uno dei pescatori di turno. Appena gli altri dormono apri, la porti fuori, chiudi e svegli quello che deve darti il cambio come se niente fosse. Lo scopo, però, diventa davvero interessante; crei una leggenda metafisica perché la gente ci creda. Si chiama linea di sensibilità. Prendi il più scettico e convincilo di un miracolo, allora tutti ci crederanno e soprattutto cominceranno a cercarne altri.
Allora per un breve periodo la percezione di un evento banalissimo è sfasata. Il cervello umano funziona per associazioni: se c’è un miracolo allora ce ne saranno altri. Prendi… non so, gli zingari. Se vogliono scipparti perché si conciano in modo così riconoscibile? Perché non sono loro a scipparti, è quella o quello che hai di fianco, anonimi e insospettabili. Tu però vedi lo zingaro, i pregiudizi prendono il sopravvento e inevitabilmente ti tocchi dove tieni il portafogli, o il cellulare, o qualcosa di valore. Comunque, hai indicato il bersaglio. Mi segui?-
Annuisco.
-Allora se c’è un miracolo, non vorresti essere tu il primo ad assistere al prossimo? Non vorresti esserne testimone? All’improvviso tutto può essere un miracolo! Ogni cosa! Forse è dietro l’angolo, forse è quella luce riflessa, forse è quel refolo di vento, forse quella finestra l’ha aperta San Marco redivivo. Sono tutti in fibrillazione, per un po’. Non vedono quello che c’è e vedono quello che non c’è. Al tempo erano molto più creduloni, ma funziona ancora oggi. –
-Quella volta cos’avete grattato, con ‘sto trucchetto? –
-Non lo so, mica c’ero. Però mi ha sempre fatto ridere: tu freghi qualcosa, e dall’altra parte questi ti fanno anche il monumento. –
-Che fine ha fatto la Madonna nera? –
-Un oggetto sacro fatto con legno del 1600 da uno scultore anonimo su cui è nata una leggenda veneziana nel 1800? Non riesco a immaginare a chi possa interessare un oggetto del genere. Sarà stato buttato via per errore. Capita. La solita, distratta, burocrazia veneziana. –
Mi chiude la bocca con un bacio prima che io possa replicare. Non credo a una parola di quello che racconta, ma mentre le infilo le mani tra i capelli neri ho l’impressione sia proprio quello che vuole. Linea di sensibilità e tutto quanto.