Il giornalismo moralista da sempre ricorre all’opinionismo muralista; non c’è giorno che qualche rinomata testata dia spazio a graffiti vergati sui muri di Baranzate da non si sa chi. Oggi ha guadagnato la ribalta nazionale il fatto che davanti a un liceo sono apparse scritte spray – inaudito, sì – e quel che è peggio, antisemite. L’emergente fascismo avanza.
Mi affascina, questa corrente letteraria.
Non solo perché frasi tipo “fasci appesi”, “fasci okkio al kranio”, “Lotta armata” e loghi delle BR – pur tappezzando i muri dei licei – non guadagnino le prime pagine, ma soprattutto perché vengono snobbate le correnti più prolifiche: il calcio e la figa. Lo vogliamo dire o no, che nel sottopasso di porto Marghera qualcuno ha scritto “Milan brucia”? Vogliamo deciderci ad aumentare la scorta alla squadra? Sul terzo garage di un condominio di Codroipo c’è la prova di come la mascolinità tossica infesti l’Italia: qualcuno ha scritto a pennarello “Elisa dammi il culo”.
Dov’è lo Stato?
Voglio dire, conoscevo un ragazzo che s’è fatto assumere in un giornale locale grazie alla tecnica di Peter Parker: di notte faceva graffiti enormi in posti pazzeschi, la mattina dopo ci scriveva un articolo con approfo ndimenti sulla misteriosa sigla e la cultura underground. Non sto certo insinuando siano i giornalisti a scrivere certe idiozie – sul muro, dico – ma dovete ammettere che qualcosa non torna.
Prendete il martellare ossessivo coi graffiti raffiguranti politici che si baciano o con fattezze naziste; quando Dmitri Vrudel dipinse Gorbachev e Woytyla sul muro di Berlino fece la Storia. Forattini con Craxi appeso fu uno scandalo, ma oggi? Che senso ha? Sembra di ascoltare i racconti delle vacanze delle figlie di papà a Bali; la copia di una copia di una copia di una copia che era cool negli anni ’90, sì, ma sono passati trent’anni.
Capisco sia necessario gridare all’emergenza fascismo, eh?
Sono settant’anni che ci masturbiamo sognando di liberarci da una vita mediocre per andare sulle montagne e sparare al vicino di casa, ma non succederà. Non arriverà nessuna guerra mondiale, nessuno bombarderà il nostro ufficio o la nostra palazzina, nessuno ci libererà dal problema del posto macchina o delle code ai caselli autostradali. So che ci speriamo tanto da attaccarci alle gaglioffate spray di due bimbiminkia, ma bisogna affrontare la realtà: le scritte sui muri hanno la stessa autorevolezza di me che parlo di astrofisica o dei Maya che prevedono la fine del mondo.
Viceversa, se vogliamo davvero creare un sogno da condividere con il pubblico, perché non approfondire la storia di Elisa?
Quella è una storia popolare, vera, sincera, in cui un uomo insegue il proprio sogno e può incarnare il sogno di milioni di italiani diversi per sesso, fede politica, religiosa, reddito, età. Una storia umana, semplice, eterna che sublima l’animo irrequieto dell’essere umano, alla costante ricerca di una nuova sfida, una nuova strada, un’avventura attraverso sentieri meno sicuri che si antepone alla guardia di porta, figura epica a sua volta combattuta tra lussuria e autoconservazione, piacere e dolore, eros e thanatos.
Scrivimi, oscuro avventuriero. Scrivimi, Elisa.
Meritiamo più di tre sfigati con una bomboletta.