L’Italia dei favori
Manca poco più di un mese al turno di elezioni che vedrà tredici regioni italiane rinnovare i propri consigli regionali ed eleggere i propri presidenti. Come ogni campagna elettorale, anche quella in corso sarà condizionata dal tema, o dai temi, in discussione nell’agenda pubblica.
Tra le varie elezioni in cui il tema in agenda è finito col risultare tra le variabili decisive rappresenta ormai un caso di scuola quello delle elezioni amministrative del 2008 a Roma: l’elezione di Gianni Alemanno a sindaco è stata favorita dall’affermazione, nelle settimane precedenti al voto, del tema «emergenza sicurezza» che ha coinvolto la Capitale. Il tipo di condizionamento intervenuto ha fatto in modo che il profilo del candidato Alemanno, l’attenzione posta da lui e dal suo partito d’appartenenza verso il tema della sicurezza, coincidesse con il bisogno di sicurezza dei romani.
Secondo il principio di agenda setting, l’agenda del pubblico (agenda che genera e ordina bisogni e necessità) tende a corrispondere all’agenda dei media cioè a quei temi a cui in un dato periodo i media danno particolare risalto. A questo si aggiunga, come corollario, che i mezzi d’informazione tendono ad influenzarsi reciprocamente riguardo alle scelte tematiche fino ad agire come un corpo omogeneo. Veniamo all’oggi. Complice l’attualità giudiziaria, in Italia si discute da qualche settimana dell’alto livello di corruzione che investe ambiti come la politica e la pubblica amministrazione. È utile chiedersi quanto il tema della corruzione influirà sulla scelta di voto di fine marzo dei cittadini.
Il tema della corruzione è salito agli onori della cronaca italiana all’inizio degli anni Novanta. A due decenni di distanza dalla cosiddetta stagione di Tangentopoli, si torna a discutere di corruzione come di un fenomeno diffusissimo. In un film satirico di metà anni Settanta dal titolo “Signore e signori buonanotte” è contenuta una scena di grandissima attualità che ci rimanda direttamente alle cronache giudiziarie odierne. Il film è scritto in forma collettiva da maestri del cinema tra cui Mario Monicelli ed Ettore Scola. Da uno degli sketch di cui il film si compone rileggiamo il testo di una fugace quanto significativa intervista rilasciata in Piazza Montecitorio da un ipotetico ministro a Marcello Mastroianni nei panni di inviato del Tg3. Ecco il dialogo:
Inviato: «Signor Ministro, mi consenta alcune domande per conto del Tg3»
Ministro: «Purché si sbrighi per favore».
Inviato: «Lei è al corrente delle gravi accuse che le sono state mosse riguardo ai fondi sottratti alle mense degli orfani? Si parla di duecento miliardi».
Ministro: «Certo, certo che ne sono al corrente».
Inviato: «Ecco. E non crede che sarebbe opportuno in attesa di conoscere la verità di dare le immediate dimissioni dalla sua alta carica?»
Ministro: «Giovanotto, dimettermi mai. Questa sarebbe una mossa sbagliata».
Inviato: «Lei vorrebbe dire che le sue dimissioni sarebbero un implicito riconoscimento delle accuse?»
Ministro: «Ma no, no, no. Io non mi dimetto per combattere la mia battaglia da una posizione di privilegio. Dal mio posto posso agevolmente controllare l’inchiesta, inquinare le prove, corrompere i testimoni. Posso insomma fuorviare il corso della giustizia».
Inviato: «Onorevole ma non è irregolare? Dico, contro la legge?».
Ministro: «Ah, no giovanotto. Io le leggi le rispetto. E soprattutto la legge del più forte. E siccome in questo momento io sono il più forte intendo approfittarne. È il mio dovere precipuo».
Inviato: «Ma…dovere verso chi, scusi?»
Ministro: «Verso l’elettorato che mi dato il voto per ottenere posti, licenze, permessi, appalti, perché li spalleggi in evasioni fiscali, in amministrazioni di fondi neri, crolli di dighe malcostruite, scandali, ricatti, contrabbando di valuta».
Inviato: «Onorevole, scusi ma che cacchio sta dicendo?»
Ministro: «Sto dicendo che l’elettorato vede in me un prevaricatore. Se invece voleva scegliere un uomo probo, onesto e perbene ma che dava i voti a me?».