Dall’argomento tasse scaturiscono sempre nuove notizie, a testimonianza dell’estrema attualità di esso. Ecco allora che negli ultimi giorni è stata proposta, negli ambienti UE, una nuova tassa carne, che però ha già suscitato diverse (e scontate) polemiche. Vediamo meglio di che si tratta, come potrebbe funzionare e quanto potrebbe pesare sulle tasche degli italiani.
Tassa carne: di che si tratta? quale finalità?
La ragione di una tassa carne sarebbe da rintracciare nel fatto che gli allevamenti inquinano clima ed ambiente, ovvero tale imposta avrebbe la finalità di contenere e diminuire le emissioni di gas a effetto serra di cui gli allevamenti sono responsabili. O almeno questa è stata la motivazione fornita dai promotori del nuovo “balzello” sulle carni bovine, ovine e suine con aliquota al 25%: si tratta infatti di una proposta lanciata a Bruxelles, al Parlamento Europeo, lo scorso 5 febbraio, dalla True animal protein price coalition (Tapp coalition). L’occasione è stata lo svolgimento dell’evento “The True Price of Meat“, cui hanno partecipato varie associazioni sanitarie ed ambientaliste. E, in verità, pare che l’iniziativa abbia già ricevuto il sostegno di tre eurodeputati (uno dei Verdi e due del gruppo Socialisti e Democratici).
Insomma, nelle intenzioni dei fautori, questa nuova tassa carne costituirebbe una sorta di tassa etica, per addivenire ad un uso e consumo “sostenibile” e responsabile della carne, e maggiormente rispettoso dell’ecosistema del pianeta. Da una parte, infatti, l’introduzione di una tale imposta avrebbe l’effetto di ridurre il consumo di carne per risparmiare e, dall’altro, farebbe comunque incassare un gettito fiscale di non poco rilievo. Ricordiamo tuttavia che, in Italia, i consumatori abituali di carne sono ben il 93% della popolazione.
I costi dell’operazione: alcune cifre dell’imposta
La predisposizione di una tassa carne avrebbe, come appena ricordato, un impatto notevole sui consumi e risparmi, anche degli italiani. Secondo le prime stime, si tratterebbe però di un gettito aggiuntivo corrispondente a circa 32 miliardi di euro annui. L’ingente cifra – sempre secondo le indicazioni dei promotori della nuova tassa carne – sarebbe destinata a far fronte ai costi ambientali legati alle aziende zootecniche (a causa delle emissioni dei nitrati, di CO2 e della perdita di biodiversità) e per intraprendere programmi che migliorino le modalità dell’allevamento. Come anticipato, un balzello del genere, con tutta probabilità porterebbe le famiglie a virare verso il consumo di alimenti differenti, con un calo stimato del consumo di carne di bovini, ovini e suini, nel 2030, del 57% per la carne suina, del 30% per la carne ovina e del 67% per la carne bovina.
Secondo le stime degli analisti, la tassa carne, con aliquota del 25% a regime dal 2030 e applicazione graduale a partire dal 2021 (fino a raggiungere quella soglia dieci anni dopo), produrrebbe i seguenti aumenti dei prezzi al consumo:
- il costo di 100 grammi di carne di pollo o tacchino salirebbe di 17 centesimi;
- il costo di 100 grammi di carne bovina salirebbe di 47 centesimi;
- il costo di 100 grammi di carne di maiale salirebbe di 36 centesimi.
Concludendo, appare scontato che già le prime polemiche sono insorte, contro la possibile introduzione della tassa carne. In particolare la Lega ha sottolineato come proprio le famiglie meno abbienti, sarebbero le più danneggiate da tale novità, e recentemente – tramite suoi esponenti, tra cui Gian Marco Centinaio, ex ministro delle Politiche Agricole – ha presentato interrogazione urgente all’attuale ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, per capire se e come l’Italia potrà reagire a questa possibile nuova imposta. Non resta che attendere le prossime settimane per vedere come si svilupperà il dialogo politico sia a livello europeo, sia a livello nazionale.
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