Buoni fruttiferi postali di Poste Italiane del 1986 e rimborso, la guida
Continuano ad accumularsi i contenziosi tra risparmiatori e Poste italiane: alla base spesso la liquidazione di buoni fruttiferi emessi dal 1986 al 1999
Continuano ad accumularsi i contenziosi tra risparmiatori e Poste italiane: alla base molto spesso la liquidazione dei buoni fruttiferi postali emessi a partire da luglio 1986. Non è raro, infatti, che al momento della riscossione i sottoscrittori ottengano una somma molto inferiore a quella promessa dai titoli.
Poste Italiane: “un brutto pasticcio”
Un “brutto pasticcio di Poste Italiane” ha definito la situazione appena descritta l’Unione nazionale dei consumatori (Unc). In particolare, è il caso dei buoni fruttiferi emessi a partire da luglio 1986 a tenere banco negli ultimi anni. Come sottolineato dalla stessa Unc a seguito di un recente pronunciamento della magistratura in merito: “Poste italiane si ostina in relazione a ciascun buono fruttifero a rimborsare con un importo inferiore a quello spettante, sebbene l’intestatario non abbia mai ricevuto alcuna comunicazione sul presunto diverso rendimento dei titoli sulla scorta delle condizioni contrattuali originariamente sottoscritte e unilateralmente modificate”.
Il punto della situazione
Nel 1986 Poste Italiane ha scelto di abbassare i rendimenti dei buoni fruttiferi non solo per quelli emessi dopo il primo luglio ma anche per quelli emessi prima di tale data, quindi, in maniera retroattiva. Tale possibilità è stata revocata nel 1999: successivamente a quest’ultimo provvedimento, in sostanza, Poste non può più modificare il rendimento dei titoli emessi. Ora, se i risparmiatori hanno molti problemi a farsi riconoscere i rendimenti originari per i buoni emessi prima del 1986, molto diversa è la situazione per chi ha sottoscritto dei titoli tra il 1986 e il 1999. In tal caso, facendo ricorso all’Arbitrato bancario finanziario, si hanno ottime possibilità di vedersi riconosciuti i rendimenti promessi dai titoli.
Sempre dall’Unc si riepiloga la vicenda: “Dopo l’entrata in vigore del decreto le Poste avrebbero dovuto emettere buoni della serie Q. Ma per un po’ di tempo hanno continuato a utilizzare vecchi moduli delle serie O e P che indicavano tassi superiori ma di fatto non più applicabili. La legge consentiva alle Poste di utilizzare, fino a esaurimento, solo i buoni della serie P (e non quelli della serie O) a patto però che l’impiegato apponesse due timbri, uno sul fronte e uno sul retro”.
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