Diritti del cliente al supermercato: quali sono e la responsabilità del gestore
Diritti del consumatore al supermercato: quando si manifestato e come sono garantiti dalla legge. La responsabilità del gestore.
Il cliente di un supermercato e il commerciante sono soggetti a una regolamentazione che va oltre la mera compravendita di prodotti. Infatti, si parla di veri e propri diritti del consumatore che si reca in un emporio o in supermarket/grande magazzino. Ecco di seguito, in sintesi, quali sono le principali situazioni pratiche in cui il cliente è garantito contro possibili “imprevisti”. È chiaro che, in ogni caso, a un diritto del privato che si reca al supermercato per fare la spesa, corrisponde sempre un obbligo del gestore del supermercato. Facciamo chiarezza e vediamo quali linee interpretative hanno adottato i giudici sui casi concreti.
Diritti e doveri del consumatore: ecco quando tutelarsi
Alla luce della principale giurisprudenza, facciamo una sintetica e schematica rassegna dei maggiori casi in cui il privato consumatore può difendersi contro eventuali incidenti o conseguenze impreviste – a lui non imputabili – verificatesi al supermercato:
- chi gestisce un supermercato potrebbe decidere di servirsi di apparecchiature di videosorveglianza, ovvero telecamere in grado di controllare cosa succede nei vari reparti. Tuttavia – per non rischiare eventuali denunce per violazione della privacy, anch’esse facenti parte dei diritti del cliente – tali sistemi elettronici debbono essere adeguatamente segnalati ai consumatori con cartelli appesi sulle pareti o sui vetri dell’attività commerciale;
- il supermercato, specialmente se di grandi dimensioni, è un luogo in cui oggi è venduto di tutto, non soltanto il cibo. In caso di acquisto di un prodotto difettoso o non perfettamente funzionante, i consumatori possono far valere i loro diritti. In circostanze come queste però non vale la normativa sul diritto di recesso o ripensamento, bensì le regole sui prodotti difettosi. Infatti, se l’oggetto (un giocattolo, una lavatrice, un phon ecc.) acquistato si rompe per causa legata alla sua produzione e non all’uso inidoneo del cliente, quest’ultimo ha il diritto di restituirlo entro 60 giorni dall’acquisto. Scatta insomma la ben nota garanzia per prodotti difettosi, che dura 24 mesi a partire dal giorno dell’acquisto e che permette la riparazione dell’oggetto o la sua sostituzione (in via residuale è possibile anche il rimborso di quanto pagato).
- talvolta gli alimenti sono in vendita sugli scaffali ma sono ormai “scaduti”, ovvero sono esposti pur non essendo ormai perfettamente freschi. In base alla legge penale vigente – tuttavia – il reato di commercio di sostanze alimentari nocive, di cui all’art. 444 c.p. – scatta in concreto soltanto quando le sostanze contenute nell’alimento scaduto sono ormai in grado di nuocere oggettivamente alla salute. In altre parole, la responsabilità penale – e la tutela dei diritti del cliente – sussistono soltanto laddove la merce in vendita sia avariata o in stato di decomposizione e non semplicemente quando è spirata – magari da qualche giorno – la data di scadenza. Soltanto in caso di acquisto di cibo avariato è possibile ottenere il rimborso di quanto speso e anzi, il cliente ha diritto di contattare i NAS, ovvero quel particolare nucleo dei Carabinieri incaricato di effettuare ispezioni e controlli (anche nei supermercati), in modo da tutelare il diritto alla salute della collettività. Insomma la data di scadenza ha il valore di una mera indicazione di massima: perché non scatti alcuna responsabilità occorre che l’alimento sia ancora integro. Anzi astrattamente – secondo la Corte di Cassazione – potrebbe parlarsi soltanto di un eventuale illecito amministrativo;
- responsabilità per caduta al supermercato: le circostanze di chi scivola sul pavimento bagnato perché magari appena lavato, non sono affatto remote. In questi casi, è in gioco la responsabilità del custode, ovvero del soggetto che ha i poteri di controllo e il dovere di vigilanza su quanto accade all’interno del supermercato. Pertanto, il titolare o la società che gestisce l’attività commerciale deve occuparsi di garantire l’incolumità dei clienti in ogni caso. Ne consegue che in ipotesi, ad esempio di frattura di un osso, la responsabilità del titolare – per mancato rispetto degli obblighi su di lui pendenti – sarebbe di tipo oggettivo e per poterne evitare l’attribuzione, occorrerebbe dimostrare che i danni sono stati provocati da un caso fortuito. Basterebbe allora piazzare dei cartelli o avvisi in cui indicare l’insidia o il pericolo di cadere o scivolare, per mettere in guardia il consumatore da eventuali rischi e per evitare di essere ritenuti responsabili. In quest’ultimo caso sarebbe il cliente il solo responsabile della sua caduta, per distrazione e per non aver seguito le indicazioni del supermercato. Tuttavia, per l’eventuale liquidazione del risarcimento (del danno biologico e per le spese mediche), sarà necessario provare la sussistenza del pericolo (non segnalato), ad esempio con delle foto o una testimonianza e dimostrare il danno patito, attraverso la presentazione di certificati medici.
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Concludendo, anche in caso di furto al supermercato o anche solo di mero tentativo (ad es. il ladro viene sorpreso mentre dagli scaffali preleva oggetti che inserisce nella borsa), il “finto” cliente potrebbe avere diritti da far valere. Infatti, la vigilanza privata non può perquisire chi entra nel supermercato: possono farlo però le autorità, se contattate. In ogni caso, secondo la Cassazione, chi – titolare di supermercato o dipendente – limita la libertà di una persona (anche per poco tempo), che sospetta aver commesso un furto, potrebbe essere denunciata dal “fermato” per sequestro di persona. Infatti, solo le autorità possono arrestare una persona, sussistendone i presupposti.
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