Ieri notte ad Hanau, attorno alle 22, Tobias Rathjen va sul retro di uno Shisha bar frequentato da persone con origini mediorientali, scrive il nome del suo sito a bomboletta, poi entra e spara. Ripete la stessa cosa in un altro locale. In totale uccide nove persone e ne ferisce cinque in modo gravissimo. La polizia lo trova morto in casa, vicino al cadavere della madre 72enne. Era un impiegato di banca e non aveva una donna da 18 anni. Il pretesto che questo maiale ha usato per compiere una strage è – come sempre – l’epica, in questo caso nazista.
Nel video che ha lasciato non spiega come mai fosse un fallito che viveva con la mamma inventando cospirazioni in Internet: al solito parla di invasioni, civiltà in pericolo, basi militari segrete dove si venera il diavolo e si identifica come eroe liberatore della Patria. Si è poi premurato di ammazzare la madre per non doverla guardare in faccia e di ammazzare sé stesso prima d’incappare in uno specchio.
I vigliacchi e le loro palle son tutti uguali.
Leggere il manifesto di Anders Breivik in parallelo a quello di Elliot Rodger è come guardare un film assieme al suo remake. Un pigolare di vittimismo, cospirazionismo, vigliaccheria e mediocrità, che si sublima nella scena che Rodger immagina: lui sul molo con in mano la testa di decine di donne, le pistole, e lui che grida “who’s the loser, now, bitches?”. Breivik immagina di venire riabilitato come patriota quando inizieranno le deportazioni nel 2084.
Entrambi – specie Breivik – hanno gli stessi nemici della narrativa dell’ISIS: gli ebrei, i non credenti (normie, secondo Rodgers. Imbelli, secondo Breivik) la grande cospirazione dei media, una imminente apocalisse e l’inevitabile trionfo delle forze ribelli.
Riassumendo: non sono un fallito, sono Luke Skywalker.
Rodgers pianifica il suo “retaliate day” quando nemmeno le estenuanti sessioni di World of Warcraft bastano più a fargli sentire di essere sulla strada sbagliata. Breivik fa il massacro sull’isola dopo che ha dilapidato tutti i suoi risparmi. Niente, niente mi toglierà mai dalla testa che i massacri a cui stiamo assistendo in questo secolo, da Luca Traini al Bataclan, da Breivik a Nizza, trovano radici in una psicopatia che usa la xenofobia come paravento epico per nascondere l’odio verso chi credi ti emargini, ma che è sempre lo stesso: gli altri.
Gli ebrei, le donne, chi ha un colore di pelle o di fede diverso, sono sagome di cartone appiccicate su esseri umani. Dietro ‘sti gran discorsi di cospirazioni o ideali il risultato è il medesimo: ammazzare persone indifese e scappare. Fermarsi alla superficie è più semplice, ma porta a ragionare come questi mostri qui: cioè che per risolvere il problema basterebbe ammazzare/sottomettere “una certa categoria”.
Di elettori, di credenti, di colorati.
Non è così. Il problema sono i maiali che fanno le stragi, non le farneticanti giustificazioni che millantano e che noi evidenziamo o sminuiamo di volta in volta in base al nostro credo politico, come se i cadaveri fossero goal. So che lo facciamo perché è più rassicurante. Meglio demonizzare una certo gruppo – chi vota centrodestra è neonazista, chi crede all’Islam è dell’ISIS, chi è magrebino è stupratore… – invece di pensare che dall’oggi al domani il tuo vicino di casa, il tuo coinquilino, tuo figlio o un tizio per strada si rivela uno stragista.
È meglio fingere di vedere un nemico – una categoria – piuttosto che ammettere la sua invisibilità. Ci fa dormire più tranquilli.
Ma oggi non esistono ideologie.
Il porco che ha fatto una strage ieri crede nel nazismo tanto quanto quelli di Londra al Corano; avevano comprato il bignami un giorno prima di fare la strage. Per credere a un’ideologia serve la fede, e la fede esiste solo quando c’è un’incognita: il paradiso, il sol dell’avvenire, il sogno americano, il Reich, la fine del mondo, comunque qualcosa di astratto e futuro.
Con la fine della seconda guerra mondiale e il crollo del muro di Berlino tutto questo non esiste più. Il nazismo è un crimine che porta al patibolo e all’infamia. Il capitalismo diventa ingestibile e mostruoso. Il sol dell’avvenire è fallito. In paradiso non c’è il wifi.
È venuta a mancare la speranza della ricompensa e le linee guida per ottenerla.
Nel cervello degli idioti è rimasto solo il proprio fallimento e l’odio verso sempre più categorie, sempre più vaste, sempre più isolati verso l’abisso. Non dobbiamo dare a questi infami la dignità di una motivazione religiosa o politica, perché significa assecondare i prossimi animali che nell’odio trovano lenimento all’indifferenza.
Sono bugie.
Da questo fallito di 43 anni a quello in Nuova Zelanda che s’era scritto sul fucile il nome di Enrico Dandolo dietro non c’è l’anticristo o un messia o una comunità. Non rappresentano nessuno. Sono quello che Elliot Rodger sognava di gridare sul molo: dei falliti. Delle nullità.