Ramos gin fizz, un capolavoro dal 1888

Con l’arrivo della primavera si può bere quel cocktail capace di annientare un anno di lavoro in palestra.

Ramos gin fizz, un capolavoro dal 1888

Sistemare mobili è faticoso, leggere le bizzarrìe dell’isteria collettiva mi immiserisce e le battutone su Ruby e Mubarak mi schiantano i testicoli a terra. La stagione è ideale per ubriacarsi: quindi oggi si parla del drink primaverile per eccellenza.

I cocktail grandi sono generalmente semplici.

Due, tre ingredienti storici che mescolati insieme creano un quarto sapore apprezzato dai nostri bisnonni, poi dai nonni, poi i genitori preferirono quelli blu con gli ombrellini, poi noi siamo tornati sulla retta via. Il Ramos gin fizz è un’eccezione, forse l’unica: si tratta di un cocktail complicato negli ingredienti e massacrante nella preparazione, che alla fine dell’800 richiedeva venti barman – o uno solo, che però shakerava per venti minuti.

Si tratta di un incrocio tra un sorbetto, un cocktail e un dolce a cucchiaio, ed è ideale durante le mezze stagioni come primavera o autunno. Credo abbia l’impatto calorico di mezza torta, ma all’epoca non badavano a questi dettagli.

Come gli è venuto in mente

A New Orleans cercavano un bibitone per i turisti, qualcosa che avesse un sapore deciso ma dolce, in grado di sedurre i palati di adolescenti e vecchi alcolizzati assieme. Non era facile, anche perché a New Orleans sono nati i cocktail più buoni e micidiali della Storia. Il Sazerac e il Vieux Carré sono intrugli deliziosi, ma dopo che ne bevi due sembri Facchinetti quando parla di imprenditoria.

All’Imperial cabinet bar, uno di quei posti dove se non eri in tre pezzi di lino manco ti aprivano la porta, il buon Henry Ramos studia gli spumoni dei ragazzini e gli spiriti più graditi agli adulti. Dopo molti tentativi trova gin, limone, lime, zucchero, acqua di fiori d’arancio, tre gocce di vanillina, un bianco d’uovo e panna fresca. Buono? Sì. Ma piatto e pesante.

Qualcosa non funziona

Prova a shakerarli, ma il risultato è acquoso e perde mordente. Allora mette gli ingredienti senza ghiaccio, li agita forsennatamente perché il bianco d’uovo si monti assieme alla panna, poi ci butta dentro il ghiaccio e shakera di nuovo. Esce quasi perfetto, ma l’emulsione è moscia e non somiglia a uno spumone da ragazzini. Rifà tutto da capo e questa volta shakera per cinque minuti.

Niente da fare.

Quasi.

Per ottenere quello che il suo genio desidera è necessario agitare lo shaker per 12-20 minuti, il che lo rende il cocktail più temuto da tutti i barman del mondo. Una mostruosità di lavoro che crea una spuma giusta all’altezza del bicchiere collins; solo allora ci aggiunge l’acqua gassata e dal bicchiere emerge un cilindro così compatto che è possibile infilarci una cannuccia senza che lei si muova.

Lo chiama New Orleans fizz ed è un successo assoluto

Henry deve assumere decine di barman perché stiano dietro a questa creazione che impazza tra turisti e residenti, poi decide di aprirsi un suo locale e il cocktail diventa Ramos gin fizz, consegnandosi con la sua formula alla Storia e travalicando i confini americani grazie ai libri di Jerry Thomas e Braddock. Oggi trovare qualcuno capace di farlo è dura davvero.

A mia esperienza, ne ho bevuti di perfetti al Rita’s e al Twist on classic, a Milano. A Roma ne fanno uno ottimo al Drink kong, ma sono qui da due settimane e devo ancora scoprire che locali ci sono. Per chi volesse tentare questa meraviglia primaverile – o evitare gli insulti del barman – la cosa migliore è farsela in casa come dolce domenicale o per sbronzare a sangue i parenti con le prime grigliate.

Basta usare un frullatore.