Ben sappiamo quanto sia fondamentale la figura dell’amministratore di condominio, per fronteggiare tutte le tipiche incombenze e spese della vita condominiale e per appianare eventuali contrasti e attriti tra i residenti in un certo edificio. Vediamo di seguito però come la legge regola la possibilità di revocare l’amministratore di condominio, ovvero quando scatta e come viene decisa. Facciamo chiarezza.
Amministratore condominio: come allontanarlo?
Ebbene, non è sempre facile allontanare l’amministratore sgradito, sebbene alla base della volontà di cambiarlo ci possa essere la convinzione che il professionista non abbia dimostrato competenze adeguate ai compiti richiesti, oppure un’insanabile antipatia di fondo. Infatti, con frequenza succede che non tutti sono dello stesso parere oppure più semplicemente c’è chi non si interessa molto delle questioni condominiali: ed allora, come revocare il mandato all’amministratore?
Sono due le strade che portano alla revoca dell’amministratore del condominio:
- revoca in assemblea
- revoca per giusta causa
Vediamole separatamente.
Con la prima tipologia di revoca, in assemblea viene sostanzialmente a cessare la fiducia verso l’amministratore: in tali circostanze, i condomini riuniti si esprimono in maniera assolutamente discrezionale sulla scelta di revocare l’incarico. Tale scelta può esservi in qualsiasi momento, senza alcun preavviso e senza giusta causa, ovvero senza motivazione.
Tuttavia, affinché la decisione di revoca assembleare abbia efficacia, occorre che la relativa delibera sia emessa a maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà dei millesimi del condominio, ovvero occorre una duplice condizione. Da quanto emerge dai casi analizzati dai giudici, all’amministratore di condominio spetterebbe comunque il risarcimento danni per lo stop anticipato dell’incarico: il suo importo sarebbe equivalente all’importo dei compensi ottenuti con la continuazione del mandato. In quest’ipotesi, se però manca la maggioranza citata, l’amministratore non può essere allontanato, neanche con provvedimento ad hoc del tribunale.
Con la seconda tipologia di revoca, l’amministratore è allontanato per giusta causa, ovvero con motivazione specifica. Le ragioni sono connesse alla violazione di rilevanti obblighi di natura professionale. Le ipotesi, ovviamente, possono essere tante: violazioni delle norme fiscali, mancata presentazione del rendiconto della gestione del condominio, gestione irregolare del conto corrente condominiale ecc. Anche in queste circostanze non è dovuto il preavviso e, secondo la giurisprudenza, non è dovuto neanche alcun risarcimento danni.
Tuttavia, perché si possa avere revoca per giusta causa, è necessario il voto assembleare, secondo le maggioranze sopracitate già per la revoca assembleare senza motivazione.
Quando può intervenire il giudice?
A questo punto le domande seguenti sono piuttosto ovvie: che fare se non sono raggiunte le maggioranze suddette? È possibile mandare via comunque l’amministratore? Nei casi non siano raggiunti i quorum citati, sarà possibile far ricorso in tribunale, al fine di ottenere la revoca giudiziale, ovvero con provvedimento ad hoc del magistrato.
Ciò soltanto nelle circostanze in cui sussistono i presupposti della revoca per giusta causa, ovvero nei casi di gravi errori o violazioni degli obblighi professionali. Pertanto, il singolo condomino potrà agire contro l’amministratore senza citare anche gli altri condomini (questi ultimi potranno cioè decidere se partecipare o meno alla causa). Il provvedimento del magistrato – un decreto motivato di accoglimento o rigetto della richiesta di revoca – interverrà in pratica al posto dell’assemblea, sostituendosi alla volontà dei condomini.
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