È tutto finito. Fino a 24 ore fa il Coronavirus stava decimando la popolazione italiana: titoli apocalittici e testi equivocabili la facevano da padrone, la pandemia era incontrollabile, prima o poi sarebbe arrivata nelle nostre case. Non esisteva un singolo media che non martellasse su questa narrazione isterica, farneticante, che in meno di una settimana ha frantumato il PIL italiano.
All’improvviso è scomparsa ogni traccia dell’epidemia, come se qualcuno avesse chiuso la finestra del browser. Silenzio assoluto, notiziole di politica tiepide, grande risalto a trasmissioni trash, battutine, sfide a chi tiene una scopa in piedi.
I giornali “concorrenti”, certo
Non c’era una testata che non urlasse alla strage, poi hanno smesso contemporaneamente. Le stesse facce, le stesse voci che annunciavano l’apocalisse ora dicono di non esagerare. Repubblica e Libero, Fatto quotidiano e Giornale, è tutt’uno sporgere labbra e stringere spalle: dai, non esageriamo, è poco più di un’influenza. Ma come? Per due settimane c’è il conteggio degli infetti, “i giorni del contagio” con tanto di macchie di sangue e font a la 28 giorni dopo e adesso smettono di botto?
Dovete ammettere che sorge qualche dubbio sulla presunta pluralità dell’informazione: esiste un tasto rosso che lo premi e livella i giornali d’Italia? Come funziona? Lo premi e dalle scrivanie delle redazioni spunta fuori una statuina di Mr.Wolf che scuote la testa? Come si mette d’accordo Libero con Repubblica in meno di 48 ore?
Sono felice quest’isteria si sia placata, ma qualcosa va chiarito
Ero tra i pochi che teneva i toni bassi – e mi son pure preso insulti, vabbè – ma a questo punto mi interessa capire. Il motivo per cui è successo non è difficile: i soldi. In un paese che ha come core business B& B abusivi, l’immagine degli infetti non stimola a viaggiare. Le prenotazioni per quest’estate erano già crollate e fioccavano disdette. Non parliamo poi di luoghi d’aggregazione, stadi e commercianti che in un giorno fatturano cifre monstre.
Mi sembra improbabile, però, che il direttore di confcommercio possa alzare il telefono, chiamare i direttori delle testate nazionali e imporre una linea di comunicazione. Allora a chi dobbiamo questo splendido testacoda? A Rocco Casalino? Ai rettiliani? Sul serio, credo su questa storia ci sia molto da imparare sulla nostra informazione nazionale, qualunque sia la testata.
Quante altre volte l’abbiamo visto succedere?
Io mai. Non ho mai visto una tale inversione di rotta unanime e repentina su un argomento d’attualità che dovrebbe essere basato sui fatti e riguarda la salute dei cittadini. In 39 anni di vita non mi era mai capitato di assistere a Repubblica e Il Giornale che annuissero dicendo dai, su, si scherzava. Il video fatto a tempo di record “Milano va avanti” con immagini di stock (che van d’accordo come specchi e martelli) non è piaciuto perché pare uscito dalla Corea del nord.
Ma come, prima sui quotidiani regionali era una carneficina, un’imminente guerra civile, e adesso tizi che vanno in skateboard al tramonto e hashtag? È di questa gente che ci dobbiamo fidare quando si parla di “voci libere”, quando riportano i fatti in modo “imparziale”, quando ci danno opinioni? Emilio Fede faceva ridere mentre infiocchettava la realtà per difendere l’indifendibile perché avevamo un’alternativa. All’improvviso c’è una sola versione ufficiale e corale: è tutto normale, cittadini, tornate nelle vostre case.
A me fa piacere tornare alla normalità: ma qual era, la normalità?
Cosa sappiamo, della normalità? Chi la gestisce? Perché a questo punto i casi sono due: o i giornali hanno ingigantito ed enfatizzato una psicosi che per far vendere è costata al paese miliardi di euro, e in questo caso se ne devono assumere la responsabilità, oppure l’emergenza è diventata talmente vasta e ingestibile che bisogna fare finta di niente. Anche in questo caso i giornali non ne escono bene.
Con tutto l’amore per l’atteggiamento chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto, scurdammoce o passato, è il caso qualche risposta si trovi.