La Lega Nord ai raggi X

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La Lega Nord si manifesta, sin dalle sue origini, come un movimento composito che racchiude al suo interno posizioni diversificate, che nella tradizionale geografia politica finiscono per coprire tutto l’arco che va da destra a sinistra e dalle posizioni cattoliche a quelle laiche.

Tutto ciò riesce a convivere, talvolta faticosamente, poiché converge intorno a un solo grande valore: il radicamento territoriale e popolare. La Lega Nord, partendo dalle regioni settentrionali, aspira a rappresentare tutti quei cittadini che richiedono federalismo e autonomia. All’indomani del successo delle elezioni politiche del 2008, Alessandro Amadori, amministratore delegato di Coesis Research, rilasciando un’intervista al quotidiano on-line Affaritaliani affermava:

[ad]“Maroni ha detto chiaramente che la Lega non è né di sinistra né di destra, ma ragiona e opera sul piano del territorio. C’è una consapevolezza di vivere in un determinato territorio e quindi per tutelare gli interessi globali di quella zona, il partito giusto è la Lega. È questo il ragionamento che è scattato. Il Carroccio è quindi fuori dal vecchio schema sinistra – destra, è interclassista proprio come lo è un territorio. Qualcuno deve rappresentare quel luogo e perciò il movimento diventa interclassista. In embrione lo era già la Lega, ora con queste elezioni c’è stato un salto verso un partito globale del territorio.

Per tutte le motivazioni fin qui riportate, la Lega tende a essere un partito pragmatico e non ideologico, dentro al quale si possono individuare sensibilità anche distanti tra loro, ma che tuttavia non frantumano l’insieme in quanto non si esprimono in correnti organizzate. In base alla formazione pregressa dei dirigenti leghisti e degli iscritti al movimento, a grandi linee è possibile individuare almeno sette posizioni diverse.

Le “correnti” della Lega

L’area socialdemocratica e di sinistra “populista”, molto forte in Lombardia, rappresenta l’originario gruppo fondatore, che concepiva la Lega Nord come una forza politica di centro-sinistra; pur essendo attenta alla giustizia sociale e alla difesa dei salari e pensioni,  si erge anche a difesa della piccola e media impresa.

Risulta talvolta difficoltoso distinguere dal primo gruppo la posizione liberal-centrista costituita da coloro che preferiscono una linea politica maggiormente orientata verso il centro. La terza area citata nell’articolo del professor Gianpiero Gamaleri, pubblicato sulla rivista Club Italia Magazine nell’agosto 2009, è l’area libertaria e liberale, la più liberale e riformista del partito.

Nel prosieguo dell’analisi emergono, infine, l’area cristiano democratica vicina alla dottrina sociale della Chiesa e all’economia sociale di mercato, l’area conservatrice di centro-destra e l’area indipendentista che si pone in una posizione trasversale e propone fondamentalmente l’indipendenza della Padania.

In ultimo, la posizione nazionalista rappresenta l’area più a destra del partito con richiami di antiamericanismo e xenofobia, che spesso finiscono per danneggiare l’immagine del movimento.

Il profilo dell’elettore leghista

Il successo del Carroccio alle elezioni politiche del 2008 evidenzia la presenza di un segmento di elettorato slegato dalla tradizionale contrapposizione sinistra-destra e dall’appartenenza, spesso “ideologica”, a uno dei due schieramenti.

La Lega, come nota Mannheimer nelle sue analisi pubblicate sul libro Senza più sinistra, (Edizioni Il Sole 24Ore, giugno 2008) si rivela essere infatti “trasversale”, tanto che la maggioranza dei suoi elettori tende a definirsi di “centro” o, più spesso, a sostenere di non appartenere a nessuna delle collocazioni tradizionali.

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[ad]Anche la composizione sociale degli elettori del partito è, in nome degli interessi territoriali, molto eterogenea: comprende dagli operai agli imprenditori, dalle casalinghe ai disoccupati.

Il partito di Bossi inoltre è quello che registra il valore massimo nel tasso di fedeltà (95 per cento), significa cioè che è stato capace di mantenere quasi tutti gli elettori che aveva acquisito nel 2006.

La compresenza di due fenomeni, quali la conquista di nuovi elettori e l’elevato tasso di fedeltà di quelli vecchi, suggerisce di evitare un’analisi superficiale delle motivazioni di voto per il partito di Bossi.

Il voto per la Lega non può essere catalogato come solo voto  “di protesta”  oppure “secessionista” oppure “razzista”

Il fenomeno Lega Nord è alquanto composito: nelle motivazioni del suo voto coesistono molteplici fattori, che vanno dalla difesa degli interessi economico-territoriali al timore delle sfide lanciate dalla globalizzazione e dal conseguente arrivo di popolazioni straniere sul nostro territorio nazionale.
 

In un contesto competitivo e fortemente polarizzato, la Lega è riuscita a ritagliarsi uno spazio dinamico e aggressivo. Questo è stato possibile grazie al presidio costante del territorio, alle relazioni con la gente e al ruolo svolto dalla rete dei suoi sindaci.

[ad]Per il rapporto quasi osmotico con il suo territorio, la Lega Nord sempre più spesso viene paragonata al Pci dei tempi d’oro. Ogni giorno sulle pagine del quotidiano “La Padania” compaiono due pagine fitte di appuntamenti, comizi e feste del movimento che toccano sia i grandi centri che gli angoli più sperduti dell’Italia centro-settentrionale.

La militanza e il radicamento territoriale continuano a essere per la Lega formidabili strumenti per lo sviluppo della strategia politica del movimento. I vecchi luoghi della socialità, quali bar, circoli, sale, piazze si rivelano infatti decisivi per la diffusione del movimento.

Inoltre il Caroccio è stato e continua a essere, nella percezione degli elettori, il partito politico più sensibile alla crescente domanda di sicurezza originata dall’impatto della globalizzazione sulla società.