Molti si attendevano da queste elezioni amministrative il delinearsi di uno nuovo scenario politico, capace di evidenziare i reali rapporti di forza tra i partiti a seguito delle dimissioni di Berlusconi e dell’insediamento del governo Monti.
Il risultato di questa aspettativa è che la tornata elettorale del 2012 (pur essendo molto meno importante di quella dello scorso anno) ha dato vita ad un affresco politico ben diverso e ne è emerso un quadro in cui è il sistema politico stesso ad essere in costruzione. Nel vero senso del termine.
[ad]Se, ammonendo il centrosinistra, l’anno scorso ricordammo che vittoria c’era stata ma “non dovrà essere un nuovo ‘93”, oggi possiamo dire che l’indeterminatezza del quadro bipolare in atto è quanto mai simile a quella di 19 anni fa.
E così, mentre allora lo schema bipolare si andava a consolidare delineando un bipolarismo anomalo (le sfide al ballottaggio tra sinistra e Msi a Roma, Napoli e Chieti o quelle tra sinistra riformista e sinistra radicale a Torino e Catania), oggi assistiamo ad un PdL con le ossa rotte che da perno del centrodestra rischia di creare un vuoto politico quanto mai pericoloso. Tanto che lo sfrutta Grillo.
E allora abbiamo il PdL che nella migliore delle ipotesi, nelle città più importanti, arriva terzo. Se non quarto.
A Palermo (ballottaggio sinistra vs sinistra grazie all’accoppiata Orlando-Ferrandelli) si piazza al terzo posto con Costa. Ma non troppo distante dal finiano Aricò. A Genova sicuramente arriverà quarto, considerando che la battaglia per arrivare al ballottaggio contro il candidato del centrosinistra Marco Doria è stata fino all’ultimo tra il grillino Putti e il centrista Enrico Musso (già candidato dal centrodestra unitario nel 2007 contro Marta Vincenzi). A Parma, dove si è evidenziata subito la storica performance grillina, è superato da Elvio Ubaldi, tornato in auge. A Verona, pur essendo vittima dell’estromissione forzata dallo schieramento filo-Tosi, il PdL arriva anche qui quarto scavalcato da centrosinistra e terzo polo. E non aiuta ricordare che Castellani avrebbe dovuto sfidare il sindaco uscente Zanotto nel 2002 (ah, i figli d’arte…).
Il Movimento Cinque Stelle dunque entra nella storia. Sfiora il 10% di media in tutto il nord e per la prima volta, se escludiamo piccoli comuni, può contendersi la guida di città importanti. A Parma effettivamente se la può giocare, considerando il divario con il presidente della provincia uscente di centrosinistra Bernazzoli.
Ne hanno risentito dunque tutti i partiti che sostengono l’esecutivo Monti. Il Pd senz’altro appare come la forza politica che ha retto “la botta” maggiormente. Anche se su Palermo rischia di crearsi una grana analoga a quella napoletana. Con l’Idv, dotata di un numero di consiglieri comunali spropositato, vera dominatrice e il Pd all’opposizione. Il divario tra Orlando e Ferrandelli sembra del resto molto più irrecuperabile rispetto a quello tra De Magistris e Lettieri nel 2011. Anche perché non c’è un candidato d’area di sinistra come Morcone col suo 19% (anzi: il secondo classificato Ferrandelli è ben sotto questa percentuale).
Orlando si prende una bella rivincita dopo i brutti risultati alle regionali del 2001 e alle comunali del 2007. Ha pesato tantissimo il vuoto amministrativo e morale, prima che politico, dovuto alle dimissioni dell’assente Diego Cammarata. E il rischio da “subcultura azzurra” a Palermo è andato in malora.
(per continuare la lettura cliccare su “2”)
[ad]Nei comuni meno importanti invece lo schema bipolare dà segni di cedimento. Ma meno marcati rispetto ai comuni più grandi. E i candidati Pd contro quelli del PdL si contenderanno il secondo turno (esempio classico: Frosinone).
E’ come se per certi versi a livello nazionale si sia “provincializzato” il voto: anche l’anno scorso in molti comuni i ballottaggi riguardavano la destra contro un altro tipo di destra. O comunque schieramenti anomali. Oggi questa confusione si ripercuote nei comuni più grandi dando al tutto una maggiore risonanza mediatica e una più forte confusione al nostro sistema politico.
Un centrodestra incapace di ricostituirsi e reo di aver creato un vuoto politico a destra in cui si potrebbe collocare Grillo o un soggetto creato ex novo. Al tempo stesso il centrosinistra, che propone in 20 comuni su 26 la foto di Vasto, rischia una forma di velata radicalizzazione. E a questo punto le consonanze col 1993 ci sono tutte.
E forse questa incertezza e queste vittorie dimezzate rafforzano Monti e la sua prospettiva di restare fino al 2013. Ma è uno scenario così complesso da rallentare l’iter di quella riforma elettorale così voluta dai cittadini ma così “snobbata” dalle aule parlamentari.