Cronache semiserie di una stagione elettorale

Altro che politica, programmi e confronti, questa campagna elettorale si è giocata tutta su share, cifre ed ascolti. Già in Piazza S. Giovanni la guerra dei numeri era aperta e durissima ma, poiché è un’opinione la matematica, il Cav. si affida alla mistica.

[ad]Cadono le fedi religiose, ma l’eredità di metodo viene prontamente raccolta da quelle laiche. E da Gaffeur a Profeta, per Silvio, il passo è breve. Il leader del “Partito dell’amore”, dal cuore della Capitale, interroga ripetutamente il suo popolo, ne sonda la fede sfruttando formule dall’eco scritturale: “Volete voi un governo che fruga nelle vostre tasche? Volete voi un governo che ascolta le vostre telefonate? – chiede. La risposta è scontata. Ma il Cav. non si accontenta: prosegue con la parabola del buon Premier, rammenta il “miracolo dell’Aquila” e infine “distribuisce impegno” (sic! E noi che speravamo nei soldi…) in forma di parola scritta. Così dicendo, rifacendosi forse al “contratto con gli Italiani” di vespiana memoria, consegna ai suoi dodici apostoli (tredici con Zaia, che mancava di persona ma era comunque presente in ispirito) i giuramenti da adempiere nei confronti degli elettori. Il Cavaliere esorta quindi i suoi a leggere, scandendo a voce forte e chiara, tutti in fila, tutti in piedi, mano sul cuore.

 

E alla piazza di Silvio risponde la tv di Michele (è proprio vero che i tempi cambiano): in diretta da Raiperunanotte, per non essere da meno del Cavaliere e dei suoi apostoli, Santoro e Vauro giurano anch’essi, solennemente. Anzi, fanno giurare, sempre mano sul cuore, non solo tutti i protagonisti della serata ma anche tutto il pubblico al completo: con la spavalderia che caratterizza gli spiriti ribelli, che non temono di osare, tutti insieme giurano: “la faremo sempre fuori dal vaso”.

 

Infine, per chi non ne avesse avuto abbastanza del trio di Sanremo, con Filiberto, Pupo e Canonici, ecco che arriva il duo di Santoro, con Morgan e Venditti.

 

Ma la guerra dei numeri non si risolve né con l’amore, né con la mistica, né con la musica e rimane aperta ovunque: nelle piazze, nelle tv e perfino nella testa dei candidati. “Vinceremo 9 a 2!” dichiara Nichi Vendola. Ma i giornalisti gli fanno notare che, dalla somma, mancano due regioni. L’onorevole non si perde in chiacchiere e indi rielabora, a mente, il complesso calcolo matematico, cui segue l’esclamazione: “Allora, vinceremo 11 a 2!”. Del resto, giusto un paio di giorni prima, il gaio leader pugliese aveva sostenuto “Gli Italiani mi amano perché sono come Silvio!”: che abbiano entrambi doti di preveggenza? O si riferiva, forse, allo scarso appeal con i numeri?

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[ad]Dal canto suo, Silvio non si cura delle inezie che lo circondano e si limita ad un telegrafico commento su “Raiperunanotte”, definendola “un lugubre carro di Tespi”. Ovviamente, la volta che il Gaffeur azzecca la citazione, si tratta di un riferimento (benché noto a qualunque studentello di Liceo Classico) assolutamente troppo dotto per la casta della carta stampata. I giornalisti, i quali, quando non capiscono una parola, la riadattano a modo proprio. Riportando l’espressione “carro di teschi” in luogo di “carro di Tespi”, hanno infatti trasformato, così, il leggendario poeta e iniziatore della tragedia greca in un comune e macabro becchino.

In conclusione, dove Santoro registra un 10% di audience in più rispetto ad Annozero, le urne si apprestano a registrare un 10% in meno rispetto all’anno 2005. E qualcuno si chiede ancora perché.

di Silvia Quaranta