Di seguito vediamo un tipo di separazione che forse non da tutti è conosciuta di preciso, vale a dire la cosiddetta separazione in Comune, ovvero l’istituto previsto e regolato dall’art. 12 del D.L. n. 132 del 2014. Cerchiamo allora di capire come funziona l’accordo e a quali limiti e vincoli sono sottoposti i coniugi che intendono separarsi.
Separazione in Comune: di che si tratta e quali sono i limiti
L’art. 12 citato dispone che le parti, se lo ritengono opportuno, possono stipulare un accordo di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o divorzio. Ciò innanzi al Sindaco, in qualità di Ufficiale dello stato civile del Comune di residenza di uno di essi o anche del Comune nel quale è stato iscritto o trascritto l’atto di matrimonio.
In effetti i coniugi che intendono interrompere il legame matrimoniale, hanno di fronte più opzioni tra cui scegliere: oltre alla comune via della separazione in tribunale innanzi al giudice (la cosiddetta “via giudiziale”), è possibile anche avvalersi della negoziazione assistita, attraverso la quale – con la collaborazione degli avvocati delle parti – viene redatto una sorta di contratto, ovvero un accordo di separazione sottoscritto dai coniugi che vogliono separarsi e che predispone gli effetti economici e personali della separazione. È chiaro poi che tale patto sarà valutato dal giudice competente.
Come sopracitato, a partire dal 2014 sussiste però anche la possibilità dell’accordo di separazione consensuale innanzi all’ufficiale di Stato civile (ovvero il Sindaco o una persona da lui delegata), con il quale mettere nero su bianco le condizioni di separazione (e divorzio), o eventuali modifiche.
Sul piano dell’opportunità pratica della separazione in Comune, va detto tuttavia che essa presenta due vincoli non di poco conto, rispetto ad altre alternative di separazione:
- l’accordo di separazione in Comune è ammesso esclusivamente se non include “patti di trasferimento patrimoniale” o passaggi di proprietà. Ma da tali patti sono esclusi quelli sul cosiddetto assegno di mantenimento il cui contenuto è, anzi, assolutamente articolabile anche in Comune;
- Inoltre, può parlarsi di accordo di separazione in Comune se le parti non hanno figli minorenni, portatori di handicap oppure anche figli maggiorenni, ma non ancora autosufficienti lato economico. Pertanto, tale strumento sarà utilizzabile se i figli sono quelli avuti da altre e precedenti nozze o se sono maggiorenni e hanno un lavoro.
Come funziona la procedura? Alcuni dettagli pratici
A questo punto vediamo alcuni aspetti pratici dell’iter, per avere a priori un quadro di regole entro cui potersi orientare ed agire. Secondo la legge, abbiamo pertanto che l’Ufficiale dello stato civile riceve da ciascuna delle parti, di persona o tramite l’assistenza facoltativa di un avvocato – la sua presenza nella procedura non è obbligatoria -, la dichiarazione con la quale esse esprimono l’intenzione di separarsi secondo quando concordato (o di divorziare o ancora di modificare le condizioni di separazione o di divorzio). I coniugi possono pertanto presentarsi in Comune e predisporre un appuntamento con l’Ufficiale dello Stato civile, per tutte le formalità del rito.
Contestualmente alla dichiarazione, l’atto che include l’accordo è compilato e firmato dall’Ufficiale, il quale di seguito lo consegna alle parti per le loro firme. La legge tuttavia ammette il ripensamento e, infatti, prevede un cosiddetto “termine di riflessione“, pari a 30 giorni, dopo i quali le parti sono chiamate a comparire di nuovo innanzi al Sindaco o il suo delegato per la conferma dell’accordo. Se non compaiono e in mancanza di conferma, la procedura si intende abbandonata. Pertanto, questa è assai facilitata, risolvendosi nella comparizione delle parti soltanto per due volte in Comune: la prima per accordo e dichiarazione, la seconda per la conferma. In pratica, tale accordo sostituisce i provvedimenti del magistrato che chiudono i procedimenti giudiziari di separazione. Anzi, l’accordo di separazione innanzi al Sindaco costituisce valido titolo per ottenere in seguito il divorzio, dopo sei mesi dall’accordo in oggetto.
L’Ufficiale di Stato civile, per il buon esito dell’iter, dovrà tuttavia verificare la sussistenza dei requisiti di legge in capo alle parti e, infine, dovrà procedere senza indugio all’iscrizione dell’accordo nei registri degli atti di matrimonio e alla sua annotazione a margine dell’atto di matrimonio.
Concludendo, la legge del 2014 citata, all’art. 12 dispone – come già accennato – che l’accordo in esame non può contenere patti di trasferimento patrimoniale, ma può invece includere la previsione di un obbligo di pagamento di una quota in denaro come assegno periodico, sul cui ammontare, peraltro, Sindaco o delegato non possono esprimere alcuna valutazione di merito. Insomma, l’iter di separazione in Comune può certamente essere meno oneroso di quello “giudiziario” e più celere, a patto di voler sottostare a regole e vincoli appena visti.
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