“Io resto a casa” è la campagna di sensibilizzazione per incoraggiare il rispetto delle norme attuate dal Governo nella limitazione dell’espansione contagiosa del coronavirus. Jovanotti, Bocelli, Tiziano Ferro, Ligabue sono solo quattro degli artisti che hanno rilanciato sui profili social l’iniziativa, ora diventata un hashtag di tendenza su Instagram e nel web. Anche su Facebook sarà possibile cambiare la propria immagine del profilo con la sigla FNOPI. Da cosa nasce l’esigenza di una sensibilizzazione generale rispetto a istruzioni già da tempo ideate per limitare una situazione d’emergenza?
In conferenza stampa Giuseppe Conte ha dichiarato l’intera penisola italiana come “zona rossa”. Ci troviamo quindi in uno stato di quarantena nazionale, con un forte incremento dei provvedimenti precauzionali già ampiamente argomentati e attuati nei giorni scorsi. Provvedimenti che, in molti casi, sono stati ignorati soprattutto dai più giovani, esonerati dalla presenza nelle scuole e nelle università. È così che artisti, cantanti e presentatori della tv e influencer, tutti i personaggi di un certo livello di visibilità hanno dato il via a quella che sembra poter diventare un’iniziativa mediatica virale. Perché?
La sovrainformazione e il senso d’invulnerabilità
In questi ultimi mesi il ritmo quotidiano è stato travolto da una quantità sterminata d’informazioni sul coronavirus. Sono state prima sconsigliate e poi vietate tutte le forme di aggregazione sociale, nonché consigliato di restare nelle proprie abitazioni.
Eppure nei parchi, sui lungomare, in giro per i McDonald’s, i ragazzi continuano ad ignorare queste norme e a fare gruppo tra loro, a uscire la sera e a consumare aperitivi come se lo stato d’emergenza nazionale non esistesse.
Leggendo i dati di una rilevazione Noto pubblicata l’8 marzo su QN, si scopre che il 60% dei giovanissimi, in particolare gli studenti delle scuole medie superiori, nonostante siano a favore della chiusura delle scuole (85%), non hanno messo in atto le prescrizioni indicate dal governo per contenere l’epidemia.
Il Presidente dell’Ordine dei Medici di Udine, Maurizio Rocco, invita ancora una volta i giovani a non considerarsi fuori pericolo e non attuare comportamenti irresponsabili, mentre la stampa pullula di avvertimenti in questa direzione. In questo senso diventa maggiormente comprensibile diffondere “Io resto a casa”, come tentativo di promuovere comportamenti preventivi.
L’impatto psicologico dell’informazione stessa (in questo caso della sovrainformazione) ha un ruolo rispetto ad comportamenti di rifiuto del pericolo? Secondo gli studiosi della comunicazione persuasiva, si.
Secondo Hovland, Janis e Kelley, studiosi di Yale che teorizzavano la comunicazione con riferimento alla paura già negli anni ’50, un richiamo alla paura troppo intenso è efficace nel provocare uno stato di tensione, ma attiva interferenze difensive nell’adottare risposte adattive. Per questo il rapporto tra induzione alla paura e l’effetto persuasivo è considerato curvilineare: ad aumento di tensione segue un cambiamento di comportamento, fino a un punto ottimale in cui si verifica l’inverso.
Rogers (1983) in una più ampia Teoria della Motivazione, utilizza un altro focus: un comportamento viene modificato in seguito a una comunicazione di paura solo se il pericolo è molto grave e se contemporaneamente il soggetto si considera vulnerabile rispetto ad esso e ha un senso di self-efficacy tale da ritenersi in grado di poter attuare i comportamenti consigliati. In questa teorizzazione, viene spiegato inoltre che la motivazione a cambiare comportamento diminuisce in base ai costi legati nell’attuarlo e alle ricompense ottenute nel lasciarlo invariato (per esempio, il costo di non vedere i propri amici e stare a casa da soli diminuisce la motivazione a seguire le norme precauzionali).
Ma c’è dell’altro: il pericolo è percepito realmente solo quando tocca ciò che è vicino alla sfera personale. La mole di sovrainformazione cui siamo esposti è come un “vaccino” rispetto a quanto di negativo ci propone la cronaca, con l’effetto controintuitivo di renderci psicologicamente molto meno modificabili, fin quando non si ha proprio più scelta rispetto alla propria (egoistica) incolumità personale. Un conoscente muore, un parente viene toccato: solo in quel caso gli allarmismi lontani diventano concreti.
Io resto a casa: toccare da vicino attraverso i social
La Regione Lazio, così come altre regioni, ha modificato le foto dei propri profili social con l’immagine “Io resto a casa”, invitando tutti a non uscire per limitare del tutto i contatti sociali. Sorrentino chiede al web quali saranno i libri e i film da poter vedere in questo periodo; diverse sono le idee dei bookblogger per fare gruppo virtualmente attraverso iniziative culturali legate alla lettura. Tutti i principali musei d’Italia hanno aderito all’iniziativa.
Tra i personaggi più popolari della nostra televisione hanno preso parte alla campagna Maria Grazia Cucinotta, Antonella Clerici, Paola Turci, i Pinguini Tattici Nucleari, Barbara Foria, Amadeus, Carlo Conte e Mara Venier.
Anche Giuliano Sangiorgi , cantante dei Negramaro, dopo le notizie rispetto agli esodi in treno dal nord al sud, compone un piccolo inedito che suona così:
“E intanto noi restiamo a casa, così… In quel cassetto ho molti libri e un bel film. Facciamo finta che là fuori piove e che quel sole tarda ad arrivare. Ma è solo tempo da rispettare. Che ne dici, potremmo fare l’amore?”
Come spesso accade, le comunicazioni d’influencer, attori, cantanti e artisti potrebbero risuonare più persuasive alla percezione dei giovani?
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