La Borsa continua a risentire dell’emergenza Coronavirus, i numeri
Borsa ancora in calo. La certezza di una recession globale non risparmia nessun mercato, colpiti più duramente i titoli delle squadre o del beverage
Sembra durato poco il tentativo di recupero della Borsa italiana dopo il crollo superiore all’11% di ieri. Dopo un inizio positivo, aiutato anche dalla scelta di tagliare i tassi da parte della Banca d’Inghilterra, sulla scia dell’azione della Fed settimana scorsa, si è tornati in territorio negativo.
La stima degli analisti va in direzione di una recessione globale, visto che le epidemie di coronavirus stanno colpendo tutti i principali Paesi, anche se in momenti leggermente diversi.
Così oggi l’indice FTSE MIB è sceso sotto i 18 mila punti. Era a circa 22 mila una settimana fa. Quando già si lamentava il calo rispetto al massimo di più di 25 mila del 19 febbraio.
Si arriverà ai minimi del 2012, quando si arrivò vicino ai 13 mila punti a luglio di quell’anno. Il calo del petrolio, e del bitcoin, sotto il valore di 8000, nonostante il suo sempre maggiore ruolo come bene rifugio, indicano una grande paura e voglia di liquidità.
Borsa, bene UBI Banca, TIM e Pirelli
Tra i titoli che riescono effettivamente a recuperare però vi sono alcune grandi aziende e banche. Come per esempio Fineco, UBI Banca e Banco Bpm, con progressi tutti superiori al 3%. Bene anche Telecom, Pirelli e Ferrari, le cui azioni sono in risalita rispettivamente del 3,1%, 2,9%, 2,7%.
In positivo, anche se con guadagni inferiori, anche Fiat, Unicredit e Intesa.
Tra i titoli peggiori quelli più direttamente colpiti dall’emergenza coronavirus e dai provvedimenti per fronteggiarla. Quindi per esempio Juventus, che perde il 3,1%, Campari, che risente l’azzeramento, o quasi, della socialità, che scende del 2,35. In calo del 3,5% anche Moncler. E poi, con discese maggiori al 2%, anche Atlantia, Amplifon, Tenaris.
Lo spread è a quota 197, dopo avere toccato un massimo di 225 il 9 marzo 2020. È sempre più chiaro che, anche se l’Italia è certamente il Paese economicamente più fragile, questa emergenza toccherà tutti Paesi più industrializzati, e che siamo “sulla stessa barca”, o quasi, e di conseguenza anche i differenziali tra l’abilità di ripagare i debiti di un Paese e di un altro vanno a ridimensionarsi.
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