Sul tavolo da pranzo di cristallo è rimasta solo Xeni a portare via i piatti. Gli altri si sono accomodati sui divani del salotto, con Elettra acciambellata sulla bergere trasformata occasionalmente in trono. Si gira una sigaretta e fissa Guido, poi corruga la fronte: «A me interessa di più sentire la storia di Consuelo» dice, indicando con la punta del piede una ragazza seduta sul tappeto che sta finendo quel che resta di una vaschetta di gelato. Quella alza la testa: «Perché io?»
«Perché così comanda la regina della settimana» sentenzia Elettra, alzando il mento con un gesto teatrale.
«Non so se me la sento.»
«Bè, per una storia sulla paura è cool» fa Jackson.
«Adesso arriva il coraggio liquido» esclama Xeni dall’altra stanza «Tu intanto comincia.»
Consuelo è mora, pantaloni della tuta e maglietta con il collo ritagliato che lascia intravedere un seno prosperoso e un fisico tenero. Tiene i capelli con una coda asimmetrica e fa di tutto per rovinare una genetica straordinariamente mediterranea. Una di quelle belle e sbagliate, come un dildo di Swarovsky con le batterie della Lidl.
«C’mon, c’era una volta…?» incalza Jackson, tirando occhiate verso il bar.
«C’era una volta una ragazza calabrese, nata vicino a Vibo Valentia. I suoi non erano molto svegli e non era sveglio nemmeno il paese dove stava. Il mondo vero le pareva distante e bellissimo, lei si sentiva sprecata in mezzo ai ragazzi del quartiere. Passava il tempo a seguire gente sui social e a sognare di essere una di loro. Bella, ricca, sempre in viaggio per il mondo, circondata da vestiti stupendi e località tropicali. Viaggiare era la cosa che voleva di più nella vita, forse perché sognava di scappare da lì.
I genitori erano braccianti e si spaccavano la schiena sui campi di famiglia, lei già temeva di avere un futuro segnato, invece scopre che hanno fatto sacrifici, sudato, ma possono mandarla all’università. Alla ragazza non sembra vero. Finalmente poteva andarsene da lì e arrivare a Bologna.
Dio, Bologna.
Non potete immaginare cos’era Bologna, per una ragazza di nemmeno vent’anni.
Oh, non era Milano o Roma, ma brulicava di vita, di locali, feste, bei ragazzi per strada da tutta Italia, finestre aperte che mostravano mille sconosciuti che bevevano, si drogavano, ballavano e facevano l’amore. Dovunque, dovunque c’era vita, vita, vita e anonimato. Ogni giorno c’era qualcosa da fare, un invito in un locale, una festa in cui imboscarsi, e poi finivi a bere birra presa dai kebabbari in piazza Maggiore, o ti svegliavi nell’appartamento di non sai chi, a volte addosso a qualcuno, a volte sola.
A volte facevi l’alba senza un motivo, solo per vedere il sole che filtrava sotto i portici dove c’erano ragazzi come te, alcuni che dormivano per strada anche se avevano un appartamento. Bologna era un inno alla vita, per la ragazza. E si facevano discorsi su come cambiare il mondo, la società, come salvare l’ambiente. La ragazza smette di mangiare carne, abbraccia la sua sessualità mista, fa esperienze di ogni tipo. Ma il tempo…» si blocca, cerca qualcosa con lo sguardo, lontano.
Le vengono gli occhi lucidi.
«Il tempo è strano» conclude, e la voce le si strozza in contemporanea al fischio del vapore della macchina del caffè alle sue spalle. C’è un sibilo e un gorgogliare. Si girano tutti, Xeni tira fuori il beccuccio del vapore da un pentolino e versa del latte in un bicchiere di cristallo. Mescola, ci infila dentro una cannuccia e poi copre la schiuma con una spolverata di cannella.
«Momento emotivo richiede anestetico» dice, porgendolo a Consuelo.
«Cos’è quella roba?» fa Guido.
«Milk & honey. Calma i nervi, e il latte tira fuori la camomilla e il finocchio del Benedictine, uno degli amari più antichi del mondo. Quando hanno trovato il corpo di Amelia Earhart su un’isola deserta, era uno scheletro disteso contro una palma con una bottiglia di Benedictine di fianco.»
Consuelo beve, si rigira la lingua in bocca. Le spunta un mezzo sorriso, alza gli occhi ancora lucidi: «Che cosa raffinata.»
Xeni sorride, poi passa in rassegna con il dito i presenti.
Si alzano nove mani, lei fila al bar.
«Il tempo è strano. La ragazza si perde in quel vortice che aveva sempre sognato, ha tanti followers su Instagram, e anche se deve cambiare qualcosa nelle foto, fa la vita che stava sognando. Chi pensa agli esami, in quel paradiso? Chi pensa al futuro? Se volete capire com’era Bologna, dovete vedere la scena del paese dei balocchi di Pinocchio. Stessa atmosfera. Stessa gioia.
Stessa fine.
Da una parte i genitori la incalzano, le chiedono quando si laurea, lei prima rimanda, poi comincia a mentire. Non è reale, per lei, quel mondo. La vera lei è su Instagram, ma ha paura di sbagliare. Si racconta di essere sul punto di costruirsi la carriera, fa di tutto per farsi notare da aziende, marchi, alberghi, ma non c’è niente da fare. Manda mail che finiscono senza risposta o la deridono e l’orologio batte, batte, batte e non si ferma.
La sensazione diventa paura, un terrore che nessuna festa riesce a sopprimere. Al quinto anno i genitori le chiedono spiegazioni e lei mente ancora, pensa di uccidersi, di scappare, perché non ha ancora finito di dare gli esami del primo anno. Dopo una litigata per telefono col padre, pazza di terrore, tira su il primo idiota nel bar e se lo porta in camera.
Alla fine gli domanda se le lascia qualcosa, lui la prende in giro e le lascia venti euro perché di più non aveva dietro.
Ma il mondo è pieno di uomini che soldi ne hanno, e la trasgressione per quello che fa, la paura di essere scoperta, riesce a coprire la paura di quello che la aspetta. A ventotto anni è al quinto anno fuoricorso e per far tacere i genitori dice che si sta per laureare. Lo dice anche su Instagram. Passa gli ultimi sei mesi della sua vita a organizzare una laurea che non esiste di giorno, e a fare marchette di notte. Il giorno della laurea arriveranno i parenti, gli amici, l’ex fidanzatino sfigato del paesino, forse persino alcuni dei suoi followers. Ma lei se ne va prima. C’è una stanza che l’aspetta, e i Carabinieri diranno che si è trattato di allontanamento volontario. Ora la ragazza vive lontano, felice e contenta. E senza paura.»
«Ed ecco i nove milk and honey» dice Xeni, appoggiando un vassoio sul tavolino da caffè «per festeggiare un finale felice e inaspettato.»
«Dio» mormora Gaia «Questo robo è delizioso.»
«Oè, porta rispetto: non è un robo, è un milk and honey» dice Xeni, con le guance che si incavano mentre beve dalla cannuccia «Ha salvato Vladivostok, cent’anni fa.»
«Che succedeva a Vladivostok cent’anni fa?»
«Un uomo e una donna hanno inventato un protocollo di difesa che viene usato ancora oggi. Ma è un’altra storia. Chi beve altro?»