Investimenti e coronavirus USA e Cina, borse sicure?

Gli investimenti, nell’epoca del coronavirus, sono a caccia di porti sicuri, ma anche di possibili quanto rischiose attività ad alta redditività.

Investimenti e coronavirus USA e Cina, borse sicure
Investimenti e coronavirus USA e Cina, borse sicure?

Siamo ormai giunti al punto in cui non bastano soltanto prove di forza, ma servono anche notevoli prestazioni in termini di costanza. Questi elementi, tanto cari ai mercati finanziari, determinano il bello e il cattivo tempo negli scambi che avvengono sulle piazze di tutto il mondo. Gli investimenti, nell’epoca del coronavirus, sono a caccia di porti sicuri ma anche di possibili ma rischiose attività ad alta redditività.

Investimenti USA-Cina: la situazione

I mercati azionari asiatici e i futures statunitensi sono scesi lunedì dopo che la Federal Reserve ha ridotto il suo tasso di interesse con lo scopo di sostenere la crescita economica e far fronte alla pandemia che ha letteralmente congelato interi settori come nel caso del turismo o dello sport. L’Hang Seng di Hong Kong ha perso il 2%, Shanghai era in calo dello 0,5% e Tokyo praticamente piatta. Precisamente, l’indice composito di Shanghai si è ritirato a 2.873,07 e l’Hang Seng di Hong Kong è crollato a 23.597,15 mentre a Tokyo il Nikkei 225 si è portato a 17.726,98. Il greggio è nuovamente sceso del 3%, stesso destino per l’oro, bene rifugio, che ha avuto un ulteriore ribasso.

A Wall Street, i futures nell’indice di riferimento S& P500 sono scesi del 5% domenica sera determinando uno stop negli scambi. La Fed ha tagliato il tasso di interesse portandolo a 0 (zero) per far fronte all’emergenza finanziaria ed economica preannunciata dai primi contagi di Covid-19 negli Stati Uniti. Questa mossa, in realtà non sembra essere di gradimento per i mercati, che potrebbero averla percepita come una reazione di panico, col rischio di alimentare le preoccupazioni e quindi abbassare la fiducia con conseguenze sugli investimenti.

Cosa accadrà nel prossimo futuro?

I governi occidentali stanno adottando misure che in tantissimi casi, come in Italia, prevedono la chiusura delle strutture pubbliche oltre che imporre limiti allo spostamento delle persone (non altrettanto per le merci, che ancora circolano liberamente). Dagli Stati Uniti arrivano notizie sulle prime misure stringenti di contenimento del contagio: è stata annunciata la chiusura del sistema scolastico ed in alcuni Stati (come la California e l’Ohio) hanno già deliberato la chiusura di bar e ristoranti.

I mercati saranno estremamente volatili in quanto gli investitori valutano l’effetto del coronavirus rispetto a misure volte ad attenuarne l’impatto economico, pertanto è difficile dire quanto e quando tutto ciò colpirà gli investimenti. Mentre il virus continuerà probabilmente a scuotere i mercati, ciò non significa necessariamente che gli investitori a lungo termine debbano essere eccessivamente preoccupati. Questo perché la volatilità nei mercati azionari è normale e i mercati spesso rimbalzano rapidamente una volta risolti i problemi immediati.

Intanto la condizione vede il mercato cinese prepararsi ad affrontare quello che sembra essere già il post-pandemia, ma in un contesto globale che vede ancora le maggiori economie ferme o in procinto di fermarsi per affrontare il problema. La situazione degli Stati Uniti è di relativo vantaggio non essendo dei first-mover, ma desta comunque relative preoccupazioni. Le banche hanno iniziato a variare l’assetto organizzativo in favore dello smart-working e dell’assistenza da remoto: ciò richiede un notevole sforzo anche per ottemperare alla normativa che obbliga gli operatori statunitensi a registrare ogni telefonata intercorsa tra l’utenza e gli istituti, ad esempio.

JP-Morgan ha già preannunciato una recessione che interesserà i mercati di tutto il mondo. È quindi maggiormente consigliabile affidarsi con cautela e con la consapevolezza che il rischio di crisi interessa sia il debito sovrano, che quello societario e si aggiunge alla già terribile prospettiva economica del comparto delle imprese. Una soluzione possono essere le società farmaceutiche, i titoli dell’economia green e anche i più classici beni rifugio come i metalli, almeno per limitare al minimo eventuali perdite.

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