Come curare il coronavirus in casa e cosa devono prendere i contagiati
Coronavirus: se i sintomi sono lievi o si è asintomatici, le direttive sanitarie impongono l’isolamento nella propria abitazione e l’assistenza domiciliare
Non tutte le persone risultate positive ai test relativi all’infezione da nuovo coronavirus vengono ospedalizzate; se i sintomi sono lievi o si è asintomatici, le direttive sanitarie impongono l’isolamento nella propria abitazione e l’assistenza domiciliare.
Positivi con sintomi lievi o asintomatici: fondamentale l’isolamento
Si è positivi al nuovo coronavirus quando, in seguito a tampone faringeo, si riscontra la presenza di virus vivo nelle vie respiratorie. Ora, risultare positivi al tampone non vuol dire essere ammalati. Infatti, circa il 5% di chi risulta positivo ai test non sviluppa alcun sintomo, tuttavia, anche se con minore probabilità e comunque con minore efficacia, è comunque contagioso.
Detto questo solo la necessità di assistenza respiratoria rende fondamentale il ricovero in terapia intensiva: chi sviluppa solo sintomi lievi o rimane asintomatico, se ha meno di 70 anni e non presenta malattie pregresse magari croniche o gravi, dovrà restare in completo isolamento fino al termine della sintomatologia e comunque per almeno 14 giorni (dopodiché si potrà effettuare nuovamente il test del tampone). Durante questo periodo sarà istituita una linea diretta con le autorità sanitarie che verrà interrotta solo alla risoluzione clinica del caso.
Coronavirus: i farmaci attualmente in uso
Mentre ancora è lungo il percorso che porterà alla scoperta di un vaccino efficace contro il nuovo coronavirus, bisognerà aspettare almeno un anno se non un anno e mezzo, continua velocemente la ricerca sui composti che possono aiutare chi sviluppa il Covid 19. Allo stato dei fatti, posto che antibiotici, cortisone e aerosolterapia non servono assolutamente a nulla (anzi, potrebbero essere controproducenti) per curare l’infezione virale, ai malati viene somministrata innanzitutto una terapia di supporto, cioè volta ad alleviare i sintomi della malattia, a base di anti infiammatori e anti dolorifici.
Inoltre, è in corso la sperimentazione di un protocollo basato su una combinazione di farmaci: tra questi ha mostrato le proprie qualità l’accoppiata, per così dire, di Lopinadir e Ritonavir: si tratta di antivirali inibitori della proteasi utilizzati per le infezioni causate dal virus HIV, quello responsabile dell’AIDS. Risultati incoraggianti ha avuto anche l’idrossiclorichina, utilizzata invece nel trattamento di malattie reumatiche. Stessa cosa per quanto riguarda l’iniezione di plasma di convalescenza: una tecnica che consiste, in pratica, nell’utilizzo degli anticorpi sviluppati da chi è guarito (sperimentata contro l’Ebola, non si è mostrata particolarmente utile in quel caso).
Anche Umifenovir, un anti-influenzale, il Darunavir, un altro farmaco anti HIV, e il Remdesivir, farmaco non ancora in commercio sviluppato per l’Ebola, sembrano in qualche modo funzionare contro il Sars Cov 2. In molti ospedali si sta sperimentando anche il Tocilzumab, usato contro l’artrite reumatoide: sembra aiutare i malati a uscire dalla fase più critica della patologia ma non ha un effetto diretto contro il virus.
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